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Nel caso in cui, in relazione a una delle condanne ricomprese nel cumulo disposto per l’esecuzione, sia stata applicata la recidiva reiterata, la decisione sull’istanza di affidamento in prova al servizio sociale formulata dal condannato che in passato ne abbia già fruito presuppone la scissione del cumulo, onde verificare se la pena per il reato aggravato dalla recidiva sia ancora da espiare, e se, pertanto, debba operare il divieto di seconda concessione della misura alternativa previsto dall’art. 58 quater, comma 7-bis, ord. pen.

A cura di Rocco Gutta’ (Avvocato del foro di Locri e componente del comitato di redazione della Camera Penale di Locri)

Nel caso trattato dalla sentenza in commento, il Tribunale di sorveglianza ha dichiarato inammissibile l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale avanzata dal condannato e lo ha ammesso alla semilibertà ritenendo operante la preclusione di cui all’art. 58-quater comma 7-bis ord. pen., che vieta la concessione dell’affidamento in prova, della detenzione domiciliare e della semilibertà, al condannato cui sia stata applicata la recidiva ex art. 99 co. 4 cod. pen. Muovendo dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 291 del 4 ottobre 2010, i Giudici di merito hanno ritenuto che la preclusione di cui all’art. 58-quater comma 7-bis ord. pen. operasse nel caso di specie in senso assoluto in quanto il reato espressivo della recidiva reiterata era stato commesso dopo la sperimentazione della misura alternativa, avvenuta in sede di esecuzione di una pena a sua volta irrogata con applicazione della medesima aggravante.

Nel ricorso per cassazione la difesa osservava come la preclusione applicata dal Tribunale sia in realtà superabile con lo scioglimento del cumulo delle pene, per effetto del quale la pena riferibile alla condanna per il reato ostativo verrebbe imputata all’espiazione già patita, mentre la pena attualmente in espiazione verrebbe imputata a condanna con cui non si è fatta applicazione della circostanza aggravante dì cui all’art. 99 co. 4 cod. pen. ovvero riferibile a ipotesi delittuose non ostative alla concessione del beneficio richiesto.

La Suprema Corte, condividendo l’articolato ragionamento della difesa accoglieva il ricorso annullando il provvedimento con rinvio.

Punto di partenza della Suprema Corte è stata la valorizzazione – per come segnalato anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 361 del 1994- del tradizionale insegnamento giurisprudenziale “della necessità dello scioglimento del cumulo in presenza di istituti che, ai fini della loro applicabilità, richiedano la separata considerazione dei titoli di condanna e delle relative pene”.

Dopodiché la Suprema Corte, ha rilevato e ribadito  indirizzi interpretativi ormai consolidati nella giurisprudenza dai quali può significativamente ritenersi che, il cumulo viene mantenuto e non si scioglie se dallo stesso derivino per il condannato degli effetti più vantaggiosi e che, in presenza di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti in esecuzione, è legittimo lo scioglimento del cumulo quando occorre procedere al giudizio sull’ammissibilità della domanda di concessione di un beneficio penitenziario al fine di accertare se il condannato abbia o meno terminato di espiare la parte di pena relativa ai delitti cosiddetti ostativi; e che, il divieto di sospendere l’esecuzione delle pene detentive brevi, in caso di recidiva reiterata, è subordinato alla circostanza che la recidiva di cui all’art. 99 c.p., comma 4 sia stata applicata, e quindi effettivamente valutata, e abbia prodotto conseguenze concrete nella determinazione della pena, oggetto dello specifico ordine di esecuzione.

Infine, ha rilevato che gli approdi ermeneutici evidenziati erano coerenti con il principio, opportunamente richiamato dal ricorrente, sancito dalla prima sezione penale nr. 42462 del 15/10/2009, in forza del quale, il cumulo di pene disposto per l’esecuzione deve essere scisso, al fine di verificare se debba operare il divieto di seconda concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, nel caso in cui, in relazione ad una delle condanne a cui si riferisce il cumulo, sia stata applicata la recidiva reiterata, poiché occorre stabilire se la pena per il reato aggravato dalla recidiva sia ancora da espiare.

Pertanto, ha ritenuto che il Tribunale, prima di pervenire ad una declaratoria di inammissibilità dell’istanza di affidamento in prova, avrebbe dovuto esaminare se, operata la scissione del cumulo delle pene concorrenti, il ricorrente poteva ancora considerarsi detenuto in espiazione della pena inflitta con la condanna alla quale era stata applicata la recidiva.

 

Sez. 1, Sentenza n. 35827 del 25/06/2024 Cc. (dep. 24/09/2024)

 

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