Quel flop intercontinentale

Canadian ‘Ndrangheta connection, un’autentica débâcle dalle conseguenze devastanti: quando il rischio di fallire un’indagine finisce per annientare una vita.

di Giuseppe Calderazzo (componente Direttivo Camera Penale di Locri)

l’accusa

  • associazione mafiosa transnazionale,
  • usura,
  • esercizio abusivo del credito,
  • intestazione fittizia di beni,
  • violazione legge
  • armi e favoreggiamento.

tutti con l’aggravante mafiosa

Gli imputati

37 tra cittadini italiani e canadesi

le date

  • 2018 – Iniziano le indagini sia della Polizia ca nadese per l’ipotesi di riciclaggio (project Sindacato) che di quella italiana a seguito di un omicidio.
  • 2019 – Sono arrestate 37 persone tra l’Italia e il Canada dove vengono sequestrate 27 abitazioni, 11 case da gioco, 23 veicoli di lusso di fascia alta e qualche milione di dollari. Nello stesso anno in Italia verrà notificato l’avviso di con clusione delle indagini.
  • 2020 – A seguito della richiesta di rinvio a giudizio e delle successive richieste di rito abbreviato, il Giudice per l’udienza preliminare di Reggio Calabria dispone il rinvio a giudizio per otto imputati, proscioglie tre, ne assolve una e condanna tutti gli altri.
  • 2021 – In Canada la Corte di Giustizia dell’Ontario proscioglie da ogni accusa i nove imputati canadesi e restituisce tutti i beni. In Italia il Tribunale di Locri nel rito ordinario assolve tutti gli imputati dall’associazione mafiosa. Sentenza confermata nel settembre del 2023 dalla Corte di Appello di Reggio Calabria.
  • 2022 – La Corte di Appello di Reggio Calabria, nel troncone in abbreviato, assolve tutti gli imputati dall’associazione mafiosa perché il fatto non sussiste.

Storia del Processo

L’inchiesta da cui nasce la vicenda processuale che qui trattiamo muove dall’omicidio, avvenuto a Siderno nel gennaio del 2018, di un soggetto ritenuto intraneo ad una cosca di ‘ndrangheta. Le successive intercettazioni telefoniche e ambientali per mezzo del trojan,  disposte a carico di soggetti di interesse investigativo e di parenti del defunto, restituivano una serie eterogenea di ipotesi circa le ragioni del delitto e individuavano – secondo la Procura antimafia di Reggio Calabria – una fitta rete di accoliti del presunto sodalizio, per lo più parenti tra di loro, a cui costantemente si rivolgeva il fratello del defunto, M.V., per avere confronti, notizie o anche solo consigli in grado di far luce sul delitto.

Questa sete di verità porterà M.V. fino in Canada e qui egli incontrerà i componenti di una presunta “camera di controllo” dell’associazione criminale, una sorta di camera di compensazione ove strutturare i collegamenti e i rapporti tra la casa madre calabrese e l’articolazione nordamericana della consorteria. Di questo organismo però, né gli investigatori italiani né quelli canadesi forniranno una pur labile traccia di prova. La trasferta in terra americana – oltre a decretare la fine dell’ipotesi accusatoria adombrata dalla polizia di York, vale a dire di un’associazione criminale finalizzata al riciclaggio e al gioco d’azzardo – avrà però due ulteriori effetti sostanziali. Il primo è quello di far sfiorare l’incidente diplomatico: il Procuratore Generale dell’Ontario – evidenziando una certa inconsistenza degli elementi che avevano consentito l’intercettazione di comunicazioni in Italia – negherà alle forze di polizia italiane supporto nel loro intento di recuperare registratori audio-digitali collocati sull’aereo e, dunque, in territorio canadese, sotto i posti a sedere occupati dal viaggiatore italiano.

Il secondo è quello di sgretolare l’ipotesi investigativa italiana, dal momento che tutte le persone incontrate dal fratello del defunto in territorio estero (e poi lì arrestate) non solo non furono in grado di riferire al questuante alcunché in merito all’omicidio, ai possibili moventi, a possi bili autori materiali del delitto o mandanti, ma gli ripeterono sempre un unico concetto: devi attendere l’esito delle indagini, solo così potrai sapere chi ha ucciso tuo fratello.Una circostanza di cui alla fine si fa convinto lo stesso M.V., del resto, il quale infatti spera, come rileveranno le sentenze di assoluzione, “nelle ricerche ufficiali attivate dall’Autorità Giudiziaria”.

Accanto ad un interesse strettamente personale alla vendetta per la morte del fratello, le fonti probatorie evidenzieranno insomma l’inesistenza del preteso clima di solidarietà e di mutua assistenza tra i presunti sodali, come pure l’assenza di alcun tipo di adesione all’ipotizzato obiettivo di vendetta. Il risultato delle due indagini, quella italiana e quella canadese che dalla prima ha tratto ispirazione, sarà insomma una autentica débâcle dalle conseguenze devastanti e incommensurabili perché se può ammettersi il rischio di fallimento di un’intera indagine e persino quello della compressione del diritto fondamentale della libertà, è invece inaccettabile che quel rischio finisca per annientare anche un bene indisponibile come la vita.

camera penale di locri

In questo processo è successo anche questo. È successo che un incensurato G.G., di 52 anni e per giunta invalido, dopo aver trascorso 6 mesi della sua vita nel carcere di Voghera, supplicando gli arresti domiciliari in ragione di quella vacuità indiziaria, poi suggellata dalle sentenze assolutorie, e della sua invalidità, non abbia retto alla gogna mediatica, alle condizioni carcerarie, amplificate nella loro drammaticità dalla sua condizione di disabilità, e soprattutto a quel muro di gomma sul quale si è infranta per sempre la sua innocenza. Nel gennaio del 2020 quell’uomo si è impiccato nella cella; sarà prosciolto come tutti gli altri, ma lui per morte del reo. Delle imputazioni per associazione non è rimasto nulla, non una sola condanna: il fatto non sussiste. L’ipotesi di accusa è rimasta schiantata da una fitta pioggia di assoluzioni e risarcimenti oltre a un costo per l’erario di cui ignoriamo l’entità, ma che invece lo Stato canadese, per parte sua, ha comunicato con trasparenza e lealtà: 80 milioni di dollari, oltre a ripercussioni sulle carriere degli inquirenti che avevano avallato quel fallimentare progetto investigativo. Naturalmente, degli autori dell’omicidio che ha generato tutta l’indagine nessuna traccia, mentre quella mafiosa è rimasta solo una delle quattro possibili piste sull’origine e, stando alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, nemmeno la più probabile.

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