etica e deontologia forense

a cura di Avv. Prof. Giuseppe Dante [Penalista e Civilista iscritto all’Ordine degli Avvocati di Roma]

Ho accettato il cortese invito del direttivo della Camera Penale di Locri di curare una rubrica di deontologia, perché credo che sia oggi particolarmente urgente recuperare i valori portanti della nostra professione. Stiamo vivendo un’epoca in cui la perdita dei valori è diventata un fenomeno endemico: assistiamo sgomenti ad una esplosione di violenza planetaria ed omicida; ad un regresso culturale causato dalla degenerazione dell’informazione; ad una intolleranza per il diverso; vediamo una gioventù allo sbando; una gioventù che ignora del tutto il limite in cui finisce la sua libertà, perché inizia quella altrui; una gioventù che vive la realtà “virtuale” dei social, dove unici imperanti valori sono: “vincere, con qualunque mezzo” e “accumulare likes”; verrebbe quasi da rimpiangere il tempo in cui l’educazione civica si insegnava nelle scuole.

tenuità del fatto

Guardando poi ai fatti di casa nostra, lo spettacolo non è meno deprimente: sciatteria, maleducazione, ignoranza, impreparazione, mancanza di rispetto…. e si potrebbe continuare a lungo.

Ecco, quindi, perché è venuta l’idea di questa rubrica, che vuole essere uno stimolo ad interrogarsi su chi siamo, a dare una risposta condivisa su cosa debba caratterizzare il nostro “essere avvocato”.

Questa rubrica ha bisogno del contributo di tutti i Colleghi che ancora non hanno perso la speranza di poter contribuire, come avvocati, a “fare giustizia”.

Occorre ritrovare la consapevolezza che è solo la nostra presenza attiva che può rendere “giusto” un processo.

Cari Colleghi,

Vi propongo una riflessione sul tema: Etica e difesa penale del colpevole. Non spaventatevi: non sarà un discorso filosofico. Sarà solo il tentativo di dare una risposta alla domanda classica, con cui, il penalista, prima o poi dovrà confrontarsi con gli altri, ma soprattutto con se stesso: “ma come fai a difendere un essere così abietto? un pedofilo, uno stupratore, o uno che rapisce ed uccide i bambini abbandonati nelle strade, per rubarne gli organi e farne commercio?

È infatti comune convincimento che sia immorale difendere chi si sia macchiato di gravi crimini e che quindi l’Avvocato, il quale, per di più, lo fa solo “per soldi” (e per giunta – si pensa – per tanti soldi!), sia addirittura peggiore dei suoi clienti.

È per questo che l’avvocato non gode di simpatie: perfino Manzoni, quando ha descritto un avvocato, ha perso quella sua abituale bonomia con la quale ci ha donato, ad esempio, l’umanissimo ritratto di Don Abbondio; quando, invece, ha presentato un avvocato, lo ha descritto con particolare asprezza, creando l’iconico personaggio, squallido e immorale, dell’Azzeccagarbugli.

E Pietro Verri, nei suoi “Scritti inediti”, così parlava degli avvocati: “Per dipingere al vivo e con sinceri colori questa classe di uomini, o per dir meglio questa mandra che è la feccia più corrotta della società, chi mi darà la voce e le parole sì che possa prevenire gli uomini onesti a starne in guardia?”

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