L’ARTE del corridoio
La rubrica di Alessandro Cassiani
[… andrei in tribunale anche se non avessi niente da fare. Per me incontrare i tanti colleghi che conosco è un piacere al quale non saprei rinunciare. Li abbraccio, mi fermo a chiacchierare, scambio con loro opinioni su argomenti seri, faceti o di cronaca. Ogni volta ho l’impressione di aver dato un senso alla giornata…]
La strada che porta alla conoscenza è una strada che passa per dei buoni incontri.
(Baruch Spinoza)
Perchè questa rubrica?
Diceva il mio Maestro: “andrei in tribunale anche se non avessi niente da fare “. Io la penso allo stesso modo. Per me incontrare i tanti colleghi che conosco è un piacere al quale non saprei rinunciare. Li abbraccio, mi fermo a chiacchierare, scambio con loro opinioni su argomenti seri, faceti o di cronaca. Ogni volta ho l’impressione di aver dato un senso alla giornata. Perché lo faccio? Ma perché dopo tanti anni di professione la mia idea di famiglia comprende anche loro! So che qualcuno non condivide questo mio modo di fare. Può darsi che abbia ragione. Rivendico come attenuante il fatto che questo mio approccio è costante nel tempo. In parole povere: amo i miei amici e colleghi perché è nella mia natura e perché questa è la mia visione della vita.
Comunicare, incontrarsi, condividere, chiedere, dare suggerimenti, ascoltare, capire, conoscere, scoprire, sostenere, collaborare. Questo vuol dire frequentare i corridoi di un Tribunale. Ecco perchè è importante esserci. Spesso.
Questo è il motivo e lo scopo di questa rubrica: incontrarsi. Comuncare.
Riflessioni
Sugli inizi…
Quando sono entrato nella stanza del mio maestro, ero emozionato. Quando, dopo tredici anni, ho trovato il coraggio per dirgli che me ne sarei andato ho provato una stretta al cuore e un sentimento di gratitudine e di affetto profondi. La nostalgia per quel periodo non si è mai attenuata.
Gli insegnamenti e lo stile di quell’uomo costituiscono un tesoro ai quali attingo in ogni occasione. Aver fatto parte di quello studio è stato e resta un onore.
Anche se la riconoscenza non è di questo mondo, auguro ai giovani di fare la stessa esperienza e di provare gli stessi sentimenti.
L’esempio del mio Maesto…
Chi di noi ha avuto la fortuna di avere un Maestro, lo ricorda con affetto e riconoscenza. Nell’esercizio della professione ne perpetua i gesti e l’impostazione del lavoro. Col passare degli anni gli riconosce il merito di avergli inculcato l’amore per la ricerca finalizzata alla difesa del cliente e il rispetto per i colleghi e per i magistrati.
A distanza di anni, il periodo trascorso nel suo studio appare sempre più per quello che era: una fucina di insegnamenti, un momento di grande e a volte anonimo lavoro, una miniera di contatti e di esperienze formative. Alla mia età, rimpiango le ore serali trascorse nella stanza del Prof. Giuseppe Sabatini dedicate alla preparazione del processo e quelle nelle quali contribuivo alla redazione della Giustizia Penale.
Ancora oggi ricordo con emozione il primo colloquio e con commozione quello nel quale, dopo mesi di palpitazione, ho trovato il coraggio di dire che avrei tentato da solo la grande avventura della libera professione.
Mi auguro che tutti avvertano le stesse sensazioni, lo stesso affetto, gli stessi ricordi e soprattutto la stessa riconoscenza. Costituiscono un tesoro che non può essere cancellato dalle nuove esperienze, dalle delusioni, dai successi, dall’egoismo che è nemico della riconoscenza. Compiango chi non sa godere di queste sensazioni o, peggio ancora, ritiene di poter cancellare una parte così importante della propria vita.
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