Gli approfondimenti del mese:

marzo/aprile 2024

Arringhe e contributi dottrinali di avvocati, magistrati ed accademici che, con la loro opera, hanno lasciato una traccia significativa nel mondo giudiziario.

Un ponte verso il futuro
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Giovanni Aricò:

“Il ricorso in Cassazione“

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Franco Coppi:

“La sete di giustizia trae linfa dalla amarezza delle ingiustizie”

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Mario Casalinuovo:

Per i giovani avvocati, estratto da “L’avvocato penale nel Novecento”

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Le presentazioni…

giovanni aricò

Il 3 giugno del 2019 il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma ha organizzato un convegno dal titolo: “IL RICORSO IN CASSAZIONE PENALE”   Intervengono i Maestri

Un incontro molto formativo per i penalisti, organizzato dalla commissione di procedura penale, che ha avuto come relatori gli avvocati Giovanni Aricò, Alessandro Cassiani, Franco Coppi, Massimo Krogh.

In questa sede viene riproposta la lectio magistralis di Giovanni Aricò, uno dei rappresentanti più eminenti dell’Avvocatura Italiana.

Giovanni Aricò, una esistenza spesa tra Cattedra e Foro con un’attenzione costante, delicata e sofferta, per i giovani avvocati, ai quali ha fornito illuminanti aperture mentali nelle numerose lezioni che ha tenuto, nel corso degli anni, nell’Aula del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma.

La lectio si apre con una precisa descrizione di identità della professione: l’avvocato è avvocato senza distinzione, sin dall’inizio dell’attività. Quindi un invito ai giovani a non sentirsi sminuiti per l’inevitabile deficit di esperienza che caratterizza la prima parte della professione, e adoperarsi per  acquisire subito l’impostazione mentale dell’avvocato, che coltiva il ricorso in Cassazione,  sin dalla fase delle indagini preliminari, quando ravvisa un vizio di procedura.

Ha continuato fornendo le coordinate sulle quali va inquadrato il ricorso partendo da una premessa fondamentale: davanti alla Corte di Cassazione l’imputato è la sentenza.

Per quanto concerne la selezione dei motivi ha perentoriamente invitato a non nascondere il vizio o i vizi della sentenza, con un lungo elaborato, ma porre subito in evidenza le ragioni decisive, senza perdersi in inutili formalismi, per chiedere l’annullamento dell’atto di impugnazione.

Pur essendo, il ricorso, un atto molto tecnico, quello che traspare in tutta l’intervento è l’immanente dramma che caratterizza il processo e che conferisce alla professione una componente umana dove il sentimento della speranza accompagna sempre la vita dell’avvocato.

franco coppi

La sete di giustizia trae linfa dalla amarezza delle ingiustizie.  “ Ragazzi voi siete chiamati a svolgere una delle professioni più difficili al mondo.

La laurea in giurisprudenza – ve lo dice un vecchio professore – è una laurea che può tutto sommato essere addomesticata, ci si arriva.

Io ho visto che le mie figlie che si sono laureate in giurisprudenza hanno faticato molto meno di chi si è laureato, per esempio, in ingegneria.

Ma il difficile arriva adesso perché voi siete oggi chiamati ad una professione che vi rende interpreti della realtà sociale.

Diceva giustamente il Presidente che cambiano le norme, ma cambia anche la realtà nella quale voi vivete.

Un antico maestro, Riccardo Orestano, mi insegnava che noi siamo chiamati a renderci tramite tra la realtà,  le norme e il giudice,  per consentire al giudice di giungere ad una sentenza giusta.

Quando, tanto per fare un esempio di norme penali abbastanza banali, voi siete chiamati a decidere se un determinato fatto è attenuato dal fatto che il soggetto agente, come diciamo noi, ha agito per motivi di particolare valore morale, la norma vi rimanda alla realtà esterna, alla realtà sociale; voi non siete più interpreti di una norma ma siete interpreti di quella realtà che dovete poi consegnare al giudice perché il giudice giunga ad una sentenza giusta.

Vedete, l’ingegnere quando ha imparato che due più due fa quattro la casa poi viene su, il ponte lo tira su.

Ma chi insegna a voi come fare l’avvocato?

L’unica maniera per imparare è seguire quelli più vecchi di voi, quelli più bravi di voi e imparare a rubare loro il mestiere.

Nessuno di noi vi potrà consegnare un decalogo di regole per diventare un grande avvocato, un bravo avvocato.

Lo dovrete imparare sul campo e imparandolo sul campo non vi saranno risparmiate amarezze.

In questo momento voi pensate forse solo alle grandi cause, alle cause che vincerete, ma perderete cause e perderete soprattutto quelle cause nelle quali vi sentirete di aver patito una ingiustizia.

Ma come diceva un antico maestro, Francesco Carnelutti, del quale mi è capitato di leggere proprio in questi giorni uno dei suoi ultimi libri, soltanto chi prova amarezza dell’ingiustizia accresce la sua sete di ingiustizia, dalle amarezze voi dovete trovare linfa per accrescere la vostra sete di giustizia.

E questo vi augura un vecchio avvocato alla fine della sua carriera che è qui con voi perché un suo ultimo allievo oggi insieme a voi pronuncerà questo sacro, giuramento”.

luciano revel

mario casalinuovo

Per i giovani avvocati

Dedicare un capitolo di un libro ai giovani avvocati riflette l’amore per la professione e il nobile animo di chi vuole fornire il proprio contributo, scientifico e di esperienza, per agevolare chi intraprende una attività che ha avuto una profonda trasformazione nella parte finale del Novecento:

dal codice Rocco al codice Vassalli, dalle sentenze della Corte Costituzionale ai risultati conseguiti dall’ Unione delle Camere Penali, in particolare con l’ introduzione delle indagini difensive e con le modifiche apportate all’art.111 Cost..

Alcuni dei consigli forniti dall’Autore sono validi in ogni tempo: respirare l’aria delle udienze, ascoltare gli avvocati esperti “per rubare loro il mestiere” (Coppi).

Altri arricchiscono il bagaglio culturale e professionale del giovane avvocato ma vanno adattati all’inevitabile evoluzione dei tempi e delle radicali trasformazioni della società.

Cicerone nel De oratore, scritto tra il 55 ed il 54 a. C., ammoniva: “La difesa sia più di utilità e meno di danno”: un consiglio che mantiene intatta la sua attualità, perché l’avvocato, anche involontariamente, può danneggiare il proprio assistito.

Theo Collignon nel 1949, nel volume “Iniziazione alla vita forense” a proposito dell’esame testimoniale ammoniva il difensore, una volta ottenuto un determinato risultato,  a fermarsi in tempo, perché la mania di protagonismo può avere conseguenze deleterie, e in questo prezioso libro l’Autore lo ha rimarcato.

Tre grandi Avvocati con una attenzione sempre rivolta “ai giovani che rappresentano il futuro, la speranza della società ed il vero valore di questa attività che non finirà mai, perché non può finire” come ha ricordato l’Avv. Aricò nella parte finale del suo intervento.

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