Le intercettazioni ambientali e telefoniche costituiscono oramai uno degli strumenti investigativi maggiormente utilizzati, rivelandosi spesso assai preziose per le indagini. Tuttavia, benché le informazioni ottenute dalle intercettazioni abbiano generalmente valore indiziario e, quindi, non diretto e autonomo valore di prova, non di rado accade che un’unica frase o una sola parola pronunciate da uno degli intercettati vengano utilizzate come “mezzo di prova” anziché essere considerate tracce con “attitudine probatoria”, le quali sono cosa diversa dal mezzo di prova. Infatti, le intercettazioni, una volta trascritte (ovviamente con la massima cura), in molti casi richiedono ulteriori verifiche tramite la perizia fonica e la linguistica forense.   

Ciò premesso, per quanto “a valle” dell’acquisizione dell’elemento indiziario risultino non di rado necessarie delle attività tecniche forensi, come la pulizia della traccia audio, l’identificazione degli interlocutori e la contestualizzazione dei dialoghi rispetto alla situazione e al tempo in cui gli stessi sono stati registrati, nelle intercettazioni ambientali, quando si tratta della sola registrazione del parlato, sotto il profilo scientifico, come si vedrà in seguito, emergono già “a monte” delle criticità in relazione all’attendibilità di tale strumento investigativo.

Numerosi studi condotti fin dal secolo scorso nell’ambito delle discipline che si occupano di interazioni sociali e processi comunicativi, come la psicologia sociale e la sociologia, hanno dimostrato che la comunicazione tra due o più soggetti compresenti fisicamente, i quali, quindi, possono reciprocamente ascoltarsi e osservarsi, si realizza su tre canali (o livelli): verbale, non verbale e paraverbale. Tali canali concorrono in misura diversa a rappresentare l’informazione complessiva inviata da un soggetto (emittente) all’altro (ricevente). Nello specifico, in termini percentuali, il 7% dell’informazione è costituito dal canale verbale, cioè gli elementi lessicali (le sole parole), il 55% dal canale non verbale, ovvero le espressioni facciali, la postura e i movimenti del corpo, e il restante 38% dal canale paraverbale, ossia il volume, l’intonazione e il ritmo della voce, l’accento, le pause, le risate, i silenzi ecc. (Mehrabian, 1971). Inoltre, è stato dimostrato scientificamente che per mezzo di meccanismi neurali di “simulazione incarnata” (Gallese et al., 2006) generati da una speciale classe di neuroni sensoriali e motori al tempo stesso, denominati neuroni specchio, dal punto di vista cerebrale ciascun soggetto che partecipa all’interazione comunicativa è in grado di comprendere l’altro e, quindi, il significato dell’informazione nella sua globalità, attraverso segnali motori che vengono espressi non soltanto dal corpo per mezzo di azioni, gesti e posture, ma anche dai muscoli del volto che esprimono le emozioni e dalle labbra quando viene articolato il linguaggio.  

Un soggetto terzo compresente che si limita ad ascoltare e osservare due o più interlocutori, partecipa anch’esso alla comunicazione, seppur in modo indiretto, attraverso tutti i canali (verbale, non verbale e paraverbale) e interagisce a livello cerebrale tramite la rete dei neuroni specchio, riuscendo così ad attribuire un significato anche alle singole frasi o parole pronunciate dai soggetti che ascolta e osserva. In merito al significato, è da aggiungere che persino l’essere compresenti non garantisce che lo stesso venga interpretato in maniera corretta, ma sul punto ci sarebbe da aprire un discorso a parte. Infatti, la comunicazione umana è un fenomeno assai complesso e articolato e già da sola questa circostanza deve far riflettere sulle numerose variabili che incidono sulle informazioni acquisite tramite le intercettazioni, sia ambientali che telefoniche.

Tornando alle intercettazioni ambientali, per comprendere adeguatamente un dialogo e, quindi, il significato di singole parole, frasi o interi passaggi di una conversazione, sfruttando pertanto tutti i canali di comunicazione e le potenzialità neurali, un soggetto terzo che ascolta due o più interlocutori che comunicano deve essere quantomeno compresente. Infatti, come già argomentato, il solo ascolto di un’intercettazione riduce grandemente la comprensione dell’interazione comunicativa, la capacità di contestualizzare in funzione della situazione e, quindi, l’attribuzione di un significato di una parola, di una frase o di un intero passaggio di una conversazione.

Per concludere, se il 55% della comprensione di un dialogo dipende dalla comunicazione non verbale e da un’elaborazione neurale multimodale (sensoriale e motoria), che necessitano di un’attività sensoriale visiva e, quindi, della compresenza dell’ascoltatore, le informazioni acquisite tramite un’intercettazione audio non possono in alcun modo assurgere al ruolo di mezzo di prova e, tantomeno, di prova, anche nel caso in cui la registrazione risulti di ottima qualità.

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Bibliografia

  • Mehrabian A. (1971), Silent Messages (1st ed.), Belmont, CA Wadsworth.
  • Gallese V., Mingone P., Morris N.E., (2006), La simulazione incarnata: i neuroni specchio, le basi neurofisiologiche dell’intersoggettività ed alcune implicazioni per la psicanalisi, in Psicoterapia e scienze umane, 3, p. 544.

 

Prof. Massimo Blanco  

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