LA NOTIZIA: “Genova, l’indagine con il super pc usato nel processo Morandi.” 

Il commento di Michele Bontempi – penalista del Foro di Brescia

[” …Nel giorno in cui il Consiglio d’Europa ha dato il via libera definitivo all’ “AI Act”, la legge europea e prima al mondo sull’intelligenza artificiale, non appare prematuro sollevare il problema della parità delle armi fra le parti e con il giudice con riguardo all’uso di potenti strumenti informatici nel processo penale.”]

Se è vero come è vero che già oggi la Procura di Genova può utilizzare per l’indagine su politici e imprenditori un potentissimo programma (Nuiv Investigator, soprannominato “La Bestia”), costato due milioni di euro, in grado di processare una mole imponente di documenti (60 terabyte), di indicizzare e collegare in tempo reale un numero sterminato di documenti e di incrociare i dati contenuti nei telefonini, nelle carte di credito e nei conti bancari con quelli dei computer.
Ne dà conto il Corriere della Sera con un senso quasi di ammirazione, pari solo alla disinvoltura con cui continua a pubblicare bellamente stralci di intercettazioni telefoniche di persone che gravitano intorno al Presidente della Regione Liguria (atti che, per chi se ne fosse dimenticato, atti coperti da segreto).
Salvo poi stupirsi se l’indagato, che, insieme al suo difensore, per rispondere all’interrogatorio doveva leggersi in 2 giorni una mole impressionante di documenti, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al Giudice.
La difesa, per essere esercitata con effettività, ha bisogno di tempi e soprattutto di strumenti e quelli informatici assumono una importanza tanto maggiore quanto più le tecnologie entrano a far parte dei mezzi di prova o di ricerca della prova nel processo penale.
La sproporzione fra mezzi a disposizione degli organi dello Stato per indagare e del singolo cittadino per difendersi è destinata ad aumentare con l’evoluzione delle tecnologie; a farne le spese sarà l’effettività dell’esercizio di diritto di difesa.

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