Il procedimento penale a carico di un militare, una volta concluso, comporta specifiche conseguenze sul piano disciplinare che mutano a seconda del provvedimento conclusivo pronunciato dall’A.G.

Infatti, i procedimenti penali posso essere definiti con sentenza di assoluzione, di non luogo a procedere, ordinanza o decreto di archiviazione, sentenza di condanna, dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova ecc.

Volendo brevemente esaminare i diversi casi, possiamo evidenziare che l’art. 653 c.p.p. statuisce: “1. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l’imputato non lo ha commesso.

1-bis. La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso”.

Quindi, in caso di assoluzione “per non aver commesso il fatto” o “il fatto non sussiste” viene esclusa ogni possibilità sanzionatoria dal punto di vista disciplinare.

Diverso, invece, se si tratta di assoluzione con la formula “perché il fatto non costituisce reato” o “non è previsto dalla legge come reato” oppure ai sensi del comma 2 dell’art. 530 c.p.p. “per la cd. insufficienza di prove”, in quanto in questi casi non è esclusa la commissione del fatto da parte del militare imputato.

Evidenziamo subito che, contrariamente alle sentenze rese in giudizio, quelle di non luogo a procedere, pronunciate in seguito all’udienza preliminare, non impediscono un’azione disciplinare nemmeno se pronunciate con la formula “perché il fatto non sussiste” o “per non aver commesso il fatto”, in quanto sono emesse prima del giudizio e, soprattutto, non diventano irrevocabili essendo soggette alla revoca di cui agli artt. 434 e ss. c.p.p.

Resta inteso che, comunque, l’Amministrazione potrà pronunciare una archiviazione della posizione disciplinare dopo aver vagliato i fatti.

Così come è ovvio che se dall’esame del giudicato penale emergeranno circostanze disciplinarmente rilevanti e ignorate in precedenza dall’Amministrazione, potrà darsi luogo a procedimento disciplinare ma non “a seguito di giudizio penale”, bensì “a seguito di infrazione disciplinare”.

Qualora, invece, i suddetti fatti erano già a conoscenza dell’Amministrazione occorrerà verificare se non siano già scaduti i termini perentori normativamente previsti per l’esercizio dell’azione disciplinare.

 

Importante evidenziare che spetta all’Amministrazione provare di averne avuto conoscenza solo in virtù del provvedimento di proscioglimento o di assoluzione.

Nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti (cd. patteggiamento), ex artt. 444 c.p.p. e ss., sono espressamente escluse conseguenze “automatiche “ sul piano disciplinare in virtù del D. L.vo 150/2022     (riforma      Cartabia)      che      dispone: “La      sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia non ha efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l’accertamento della responsabilità contabile. Se non sono applicate pene accessorie, non producono effetti le disposizioni di leggi diverse da quelle penali che equiparano la   sentenza   prevista dall’articolo 444, comma 2, alla sentenza di condanna. Salvo quanto previsto dal primo e dal secondo periodo o da diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna”.

In altre parole, dovrà essere condotta una autonoma istruttoria seppur avvalendosi degli atti presenti nel fascicolo processuale, senza poter considerare come accertati i fatti, come, invece, avviene nel caso di una sentenza di condanna in seguito a giudizio.

Nella ipotesi, invece, di assoluzione per difetto di imputabilità ex art. 88 c.p. (vizio totale di mente), per ubriachezza o azione di sostanze stupefacenti, in entrambi i casi derivata da caso fortuito o forza maggiore (artt. 91 e 93 c.p.), non può promuoversi un procedimento disciplinare, ma non perché precluso dal suddetto art. 653 c.p.p. che non menziona questi casi, bensì perché non può essere punito chi al momento dei fatti non era capace di percepire il disvalore della propria condotta.

Sul punto, si veda la sentenza del TARS Catania-Sezione Terza- n.3743/2023 del 12.12.2023, emessa in accoglimento di un ricorso per l’annullamento di una sanzione di stato emessa a carico di un appartenente alla Guardia di Finanza.

Attenzione però che se in questi casi viene disposta una misura di sicurezza personale ex art. 215 c.p., si potrà subire, previo parere della Corte Militare di Appello, la perdita del grado disposta dal Ministro della Difesa o dall’Autorità Militare delegata.

L’azione disciplinare non è preclusa nemmeno in presenza di proscioglimento con le formule “l’azione penale non doveva essere iniziata o proseguita per difetto di una condizione di procedibilità o per “ne bis in idem”, a meno che il difetto della condizione di procedibilità non sia imputabile all’Amministrazione, (si pensi ad un tardivo esercizio della potestà del Comandante di Corpo ex art. 260 c.p.m.p.).

Non lo è, altresì, nel caso di intervenuta prescrizione o assoluzione per tenuità del fatto, per ritenuta non punibilità perché il fatto è stato commesso in presenza di una causa di giustificazione, oltre che nelle ipotesi sopra

 

anticipate di assoluzione “perché il fatto non costituisce reato” o “non è previsto dalla legge come reato” oppure nel caso di dichiarazione di estinzione del reato per positivo esito della messa alla prova perché sono tutte ipotesi che non escludono la responsabilità del militare.

Infine, nel caso di un provvedimento di archiviazione occorrerà valutare anche la relativa richiesta del Pm e gli atti del fascicolo onde decidere se promuovere l’azione disciplinare.

In conclusione, occorre prestare molta attenzione alla strategia difensiva da adottare nel procedimento penale perché, come visto, anche una apparente vittoria innanzi l’A.G., non esclude conseguenze, anche gravi, in sede disciplinare.

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Avv. Christian Paolo Petrina – Penalista del Foro di Catania

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