Nonostante la verifica chiesta e ottenuta dal difensore dell’imputato, che conferma la presenza della firma digitale, per la Cassazione sono valide solo le verifiche della Cancelleria.

L’appello, trasmesso in via telematica, è inammissibile per il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, a seguito della segnalazione fatta dalla Cancelleria per la mancanza della sottoscrizione telematica. Il programma di verifica accertava infatti l’assenza della sottoscrizione telematica dell’impugnazione. Il programma accertava la regolarità della sola firma digitale contenuta nel mandato difensivo. La questione è ora oggetto di ricorso in Cassazione.

Come ribadito dal ricorrente, nell’impugnazione presentata, la firma digitale risulta presente nel file PDF nativo, come richiesto dalla normativa in vigore.

La InfoCert Tinexta Group Dike GoSign, applicazione riconosciuta dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID) ha riscontrato un’unica anomalia per l’emersione della doppia firma digitale dell’avvocato sull’atto. Questo il motivo per cui Il ricorso non trova accoglimento.

La disciplina dell’attuale sistema dellee impugnazioni digitali ha origine con la fase emergenziale della pandemia COVID-19 che aveva previsto cause di inammissibilità ulteriori rispetto a quelle sancite dall’art.591c.p.p. L’art. 24, comma 6-sexies, d.l. n 137/2020 il cui contenuto è sovrapponibile a quanto previsto dall’art. 5-quinquies d.l. n. 162/2022, con cui va “a regime” l’art. 87-bis d.lgs. n. 150/2022, prevede cinque ipotesi di inammissibilità (fermo quanto previsto dall’art. 591 c.p.p.):

  1. Se l’atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore;
  2. Se le copie informatiche per immagine di cui al comma 6-bis non sono sottoscritte digitalmente dal difensore per conformità all’originale;
  3. Se l’atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui al comma 4;
  4. Se l’atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è intestato al difensore;
  5. Se l’atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per l’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per il tribunale.

In questo caso, il tribunale, a seguito del rapporto di verifica della Cancelleria dove risultava l’assenza della firma digitale, ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione (art. 24, comma 6-sexies, lett. a), d.l. n 137/2020).

In effetti, la verifica fatta dal ricorrente sulla base di atti di cui detiene la disponibilità, sebbene siano difformi da quelli che, a mezzo mail risultano trasmessi, ricevuti e accertati dalla Cancelleria del Tribunale non risulta sufficiente a contraddire l’attestazione della Cancelleria che, è bene puntualizzare, non ha rilevato l’invalidità o l’irregolarità della firma digitale, ma la sua assenza.

Non è applicabile il principio secondo cui non costituisce causa di inammissibilità dell’impugnazione di un provvedimento cautelare la mera irregolarità della sottoscrizione digitale che si era realizzata con il mancato valido riconoscimento da parte del sistema di verifica dell’ufficio giudiziario destinatario, con esito di “certificato non attendibile” (Cass. pen. sez. 5 n. 22992/2022, Rv. 283399 – 01).

Così come non ha nessun valore il presunto difetto di funzionamento del sistema di verifica del tribunale, visto che il sistema ha rilevato correttamente l’apposizione della firma digitale del medesimo difensore sul conferimento del mandato.

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