La Corte di Cassazione ha condannato, con sentenza n. 33430, depositata il 31 luglio 2023, un imprenditore per omesso versamento dell’IVA, sebbene avesse sostenuto in giudizio la violazione di legge in relazione agli artt. 10-ter, d.lgs. 74/2000, 45 c.p. e 54 c.p.

Il focus è sul punto 3 della pronuncia. Il difensore dell’imputato, ha chiesto il procedersi del giudizio mediante trattazione orale, avendo depositato telematicamente istanza di sospensione del processo sino alla corretta definizione della procedura a norma dell’art. 23, d.l. n. 34/2023, allegando la cartella di pagamento e la ricevuta di presentazione della dichiarazione agevolata, c.d. Rottamazione quater, relativamente alla cit. cartella.

 

L’istanza viene rigettata.

 

Il Collegio sottolinea come l’art. 23, d.l. 34/2023, già oggetto di conversione in legge, operata dalla l. n. 56/2023 (in GU del 29 maggio 2023, n. 124), prevede al comma 1 che «i reati cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1 (escludendo così i casi di indebita compensazione pre crediti inesistenti), del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, non sono punibili quando le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integralmente dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti dall’articolo 1, commi da 152 a 158 e da 166 a 252, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, fatta salva la precondizione che le relative procedure siano definite prima della pronuncia della sentenza in appello».

 

Da ciò deriva che la la presentazione dell’istanza presso il giudice di legittimità non è contemplata dalla norma in questione. Quindi, come naturale conseguenza c’è che il contribuente-imputato non potrà avvalersi della speciale causa di non punibilità introdotta dall’art. 23 cit., richiedendosi infatti la definizione delle «relative procedure…prima della pronuncia della sentenza in appello».

Inoltre, evidenzia ancora il Collegio, che l’istanza di sospensione non avrebbe potute essere accolta, non avendo rispettato il contribuente-imputato il disposto del comma 2 dell’art. 23 cit. che richiede che «il contribuente dia immediata comunicazione all’Autorità giudiziaria che procede, delle seguenti condizioni : a) o dell’avvenuto versamento delle somme dovute; b) o, in caso di pagamento rateale, del versamento della prima rata (contestualmente, informando l’Agenzia delle entrate dell’invio della predetta comunicazione, indicando i riferimenti del relativo procedimento penale)».

 

In questa fattispecie, la difesa del ricorrente ha semplicemente allegato, oltre a copia del decreto di citazione a giudizio davanti al Tribunale ed alla copia della cartella esattoriale da cui risultano i carichi in essere, la sola ricevuta di presentazione della dichiarazione di adesione alla definizione agevolata, dove risulta la scelta del pagamento nel numero massimo di rate previsto dalla legge, senza che vi sia prova allegata del versamento della prima rata.

Per questi motivi, il ricorso risulta inammissibile.

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