“L’ordinanza con la quale il giudice del dibattimento, previa declaratoria di nullità di atti concernenti la posizione di taluni imputati, dichiari la nullità del decreto di citazione a giudizio e disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero anche in relazione ai restanti imputati, è abnorme, poiché determina per questi ultimi un’indebita regressione del procedimento, in contrasto con il principio di irretrattabilità dell’azione penale e con il principio che non consente di ripetere atti già validamente e utilmente compiuti.

Il Tribunale di Genova, in composizione monocratica, a seguito dell’eccezione sollevata dal difensore dell’imputato per non aver il Pubblico Ministero sottoposto l’imputato all’interrogatorio da lui richiesto dopo l’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen., con ordinanza dichiarava la nullità del decreto di citazione diretta a giudizio nei confronti non solo dell’imputato che aveva sollevato l’eccezione, ma anche degli altri tre coimputati in ordine ai delitti di cui agli artt. 81, 61 n. 1, 110, 582, 585 e 612, comma 2 cod. pen., ritenendo necessario non separare le posizioni per l’accertamento dei fatti contestati in concorso, disponendo così la trasmissione degli atti al Pubblico ministero.

Con un unico motivo il Pubblico Ministero evidenziava che il Giudice ha completamente omesso di considerare che la nullità rilevata dal difensore poteva riguardare solo la posizione di uno degli imputati e che, quindi, il conseguente ordine di trasmissione degli atti al Pubblico Ministero avrebbe determinato una regressione processuale non prevista dalla legge per gli altri tre imputati, per i quali, invece, la pubblica accusa aveva provveduto regolarmente a tutti gli adempimenti di legge.

Sul punto insistono due orientamenti che giungono a conclusioni opposte. 

Per un verso è stato ritenuto non abnorme il provvedimento con il quale il tribunale, rilevata la nullità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e del decreto di citazione a giudizio rispetto ad alcuni dei coimputati, disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero anche per coloro nei cui confronti detta nullità non è ravvisabile sul presupposto della connessione esistente tra le condotte di tutti, atteso che detto provvedimento, per quanto illegittimo, costituisce comunque espressione di un potere riconosciuto al giudice dall’ordinamento, né produce un’indebita stasi del procedimento, potendo il pubblico ministero procedere di nuovo all’esercizio dell’azione penale (Sez. 2, n. 28302 del 25/06/2021, Rv. 281798 – 01; nello stesso senso Sez. 2, n. 50135 del 10/10/2017, Rv. 271185 – 01; Sez. 5, n. 28230 del 18/04/2017, Rv. 270452 – 01; Sez. 6, Ord. n. 478 del 26/10/2005, dep. 2006, Rv. 232841 – 01).

Per altro verso, invece, è stata ritenuta abnorme l’ordinanza con cui il giudice, previa declaratoria di nullità di atti concernenti la posizione di taluni imputati, disponga la restituzione degli atti al p.m. anche in relazione alle posizioni soggettive non attinte dalle predette nullità, determinando così un’indebita regressione del procedimento, in contrasto con il principio di irretrattabilità dell’azione penale e con il principio logico che non consente di ripetere atti già validamente e utilmente compiuti (Sez. 2, n. 18653 del 20/04/2021, Rv. 281200 – 01; nello stesso senso Sez. 1, n. 20011 del 02/02/2016, Rv. 266895 – 01; Sez. 2, n. 46640 del 10/09/2015, Rv. 265204 – 01; Sez. 5, n. 610 del 13/12/2011, dep. 2012, Rv. 251939 – 01).

La Corte di Cassazione ha ritenuto di aderire al secondo orientamento, ravvisando nel caso in esame una ipotesi di assenza di potere.

A ben vedere la nozione di abnormità è stata chiarita da plurimi interventi delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Per un verso è stato ritenuto non abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento – rilevata (erroneamente) l’invalidità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini di cui all’art. 415 bis cod. proc. pen., in realtà ritualmente eseguita – dichiari la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo la trasmissione degli atti al P.M., trattandosi di provvedimento che, lungi dall’essere avulso dal sistema, costituisce espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall’ordinamento e che non determina la stasi del procedimento, potendo il P.M. disporre la rinnovazione della notificazione del predetto avviso (Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009 – dep. 22/06/2009, P.M. in proc. Toni e altro, Rv. 243590).

È stata invece ritenuta l’abnormità nel diverso caso in cui, rilevata la nullità della notificazione del decreto di citazione o di inosservanza del termine stabilito dall’art. 552, comma 3, cod. proc. pen., il giudice del dibattimento non abbia provveduto egli stesso a rinnovare la notifica, disponendo la restituzione degli atti al pubblico ministero con un provvedimento che, determinando una indebita regressione del processo, si configura come abnorme (Sez. U, n. 28807 del 29/05/2002, Manca, Rv. 221999 – 01). In sostanza tale ultima decisione, in ordine alla problematica della ritualità del decreto di citazione a giudizio nel procedimento davanti al Tribunale in composizione monocratica, distingue, da un verso, la citazione a giudizio valida con rapporto processuale correttamente instaurato e semplice necessità di citare nuovamente l’imputato, e, dall’altra, la ricorrenza di invalidità e carenze incidenti sulla regolarità della costituzione del rapporto processuale. Secondo le S.U., dunque, il regresso del procedimento è atipico e comporta l’abnormità del relativo provvedimento se consegua ad un atto adottato dal giudice in carenza di potere (restituzione degli atti nei casi ex art. 552 3° comma C.P.P., allorché questi doveva provvedere direttamente a rinnovare la citazione a giudizio o la relativa notifica); invece, non è abnorme il provvedimento con cui il giudice, dichiarata la nullità del decreto di citazione, restituisca gli atti al P.M., ancorché si tratti di declaratoria originata da un suo errore, in quanto l’ atto rientra nella sfera di competenza del giudice e comporta tipicamente la regressione. Ulteriori pronunce delle Sezioni Unite va fatto riferimento alla decisione 26- 6-2008, Corna, che, come già espressamente avevano fatto le sentenze S.U.10- 12-1997, Di Battista e S.U. 24-11-1999, Magnani, fa richiamo all’abnormità c.d. funzionale, la quale comporta una crisi di funzionamento (stasi o indebita regressione) del processo. Va, altresì, evidenziato che la Corte Costituzionale ha sottolineato che il sistema è complessivamente improntato, per esigenze di speditezza e di economia, al principio di non regressione del procedimento (v. Corte Costit. Ord. 22-6-2005 N° 236).

A fronte di tale ricostruzione nel caso concreto la regressione del procedimento in ordine agli imputati per i quali non si era verificata alcuna invalidità dell’atto di citazione a giudizio costituisce non un atto illegittimo, determinato dall’errore del giudice, bensì un atto collocato fuori del sistema difettando un potere attribuito al giudice di ordinare la regressione in assenza di una causa di nullità. Si verte, pertanto, in ipotesi di abnormità strutturale per l’esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto).

Da qui il principio di diritto secondo il quale l’ordinanza con la quale il giudice del dibattimento, previa declaratoria di nullità di atti concernenti la posizione di taluni imputati, dichiari la nullità del decreto di citazione a giudizio e disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero anche in relazione ai restanti imputati, è abnorme, poiché determina per questi ultimi un’indebita regressione del procedimento, in contrasto con il principio di irretrattabilità dell’azione penale e con il principio che non consente di ripetere atti già validamente e utilmente compiuti.

Corte di Cassazione sez. V n. 31184 del 27 aprile 2023 ric. PG in proc. Patri e altri

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