La competenza a provvedere in ordine alla richiesta del pubblico ministero di emissione del decreto di giudizio immediato, per un reato per il quale la legge prevede la citazione diretta a giudizio, spetta al giudice per le indagini preliminari.

Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Cagliari ha trasmesso al Tribunale in composizione monocratica per competenza ai sensi dell’art. 558-bis cod. proc. pen., la richiesta di giudizio immediato avanzata dal Pubblico Ministero nei confronti dell’imputato, in ordine al reato di cui all’art. 385, commi primo e terzo, cod. pen. Il Tribunale, con ordinanza 23.02.2023, ha sollevato conflitto negativo di competenza rilevando che nessuna disposizione attribuisce al giudice del dibattimento il potere di emettere il decreto che dispone il giudizio, sicché il provvedimento del GIP avrebbe determinato una indebita stasi del procedimento.

La Corte, nel risolvere il conflitto di competenza, ha innanzitutto precisato che l’art. 558-bis cod. proc. pen., introdotto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nell’estendere il giudizio immediato ai reati a citazione diretta, stabilisce che “si osservano le disposizioni del titolo IV del libro sesto, in quanto compatibili”, sicché  il tenore letterale della disposizione, ed in particolare il richiamo alle norme sul giudizio immediato “ordinario”, consente di affermare che il legislatore non ha inteso creare per i reati a citazione diretta un rito nuovo e diverso rispetto a quello “ordinario”, ma ha esteso il rito già esistente ad ipotesi ulteriori, fino a quel momento escluse. Vi è poi, continua la Corte, un elemento testuale di tipo negativo, rappresentato dalla assenza di una disposizione che attribuisca la competenza a decidere in ordine alla ammissione del rito ad un giudice diverso da quello che vi è ordinariamente preposto, e cioè il giudice per le indagini preliminari e, specificamente, dalla mancanza di una previsione che attribuisca la competenza al giudice dell’udienza predibattimentale, di cui pure gli artt. 554-bis e 554-ter cod. proc. pen. disciplinano ampiamente le attribuzioni. E del resto, una volta introdotta nei procedimenti per i reati a citazione diretta la previsione generalizzata dell’udienza predibattimentale, la finalità specifica della previsione del giudizio immediato è quella di escludere lo svolgimento di detta udienza, in coerenza con le finalità acceleratorie proprie di tale rito.

Occorre ancora considerare la collocazione nel sistema del giudizio immediato e delle conseguenze che la sua richiesta prima, e la sua ammissione poi comportano nella sequenza processuale. Nel giudizio immediato “ordinario”, la richiesta formulata dall’organo dell’accusa costituisce una modalità di esercizio dell’azione penale e un atto d’impulso processuale, teso all’instaurazione del rito, soggetto al controllo del giudice per le indagini preliminari, il quale, senza il contradditorio delle parti, è chiamato a valutare la sussistenza dei presupposti per il passaggio alla fase dibattimentale senza la previa celebrazione dell’udienza preliminare. Proprio per le sue caratteristiche, il decreto di giudizio immediato riveste natura endoprocessuale e meramente strumentale all’interno della procedura di approdo alla fase del dibattimento (Sez. U, Sentenza n. 42979 del 26/06/2014, Squicciarino, Rv. 260018).

Ciò evidenzia come la decisione sulla richiesta di giudizio immediato attenga necessariamente ancora alla fase delle indagini preliminari e sia proprio il suo accoglimento a segnare il passaggio a quella dibattimentale, la quale presuppone, appunto, l’avvenuta emissione del decreto che dispone il giudizio. Sarebbe eccentrico a tale sistema e alla funzione che l’ordinamento attribuisce alla decisione sulla richiesta del pubblico ministero, affidare la valutazione sull’ammissibilità del rito per i reati a citazione diretta, la quale si colloca nella fase delle indagini preliminari, al giudice che interviene nella fase successiva, la cui competenza è attivata, appunto, proprio a seguito del passaggio alla fase dibattimentale. Ed invero, l’art. 554-bis cpp, nel disciplinare l’udienza predibattimentale, presuppone che un decreto di citazione a giudizio sia già stato emesso, costituendo esso il presupposto per il progredire del procedimento alla fase dibattimentale e per l’attivazione della competenza del giudice di quella fase. L’art. 553 cod. proc. pen. stabilisce, infatti, che il pubblico ministero, formato il fascicolo per il dibattimento, lo trasmette al giudice dell’udienza di comparizione predibattimentale, unitamente al fascicolo del pubblico ministero e al decreto di citazione immediatamente dopo la notificazione.

D’altra parte, continua ancora la Corte, non sussiste alcuna incompatibilità del GIP ad intervenire in relazione ai reati a citazione diretta, ed anzi risulta del tutto coerente con il sistema esistente, nel quale egli è giudice di tutte le indagini preliminari, a prescindere dal se si tratti o meno di reati per i quali è prevista l’udienza preliminare. Ed invero, il vaglio in ordine agli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari e la loro valutazione è una funzione cui è ordinariamente preposto il GIP, quale giudice di quella fase. Egli è inoltre competente ad emettere le misure cautelari reali e personali anche in relazione ai reati per cui si procede a citazione diretta, e tale rimane fino alla trasmissione del fascicolo del dibattimento e del decreto di citazione per l’udienza predibattimentale, provvedendo altresì, fino a tale momento, al compimento degli atti urgenti (art. 554 cod. proc. pen.). Spetta ancora al GIP, ai sensi dell’art. 459 cod. proc. pen., decidere sull’istanza di emissione di decreto penale di condanna avanzata dal pubblico ministero, anche nel caso in cui si tratti di reati per i quali non è prevista l’udienza preliminare e il medesimo giudice è altresì competente, ai sensi degli artt. 464 e 557 cod. proc. pen., per i riti alternativi richiesti con l’opposizione al decreto penale emesso. Inoltre, a prescindere dalla tipologia di reato, decide sulla richiesta di applicazione della pena avanzata nel corso delle indagini preliminari, ai sensi dell’art. 447 cod. proc. pen. Non vanno, infine, trascurati i risvolti organizzativi che conseguirebbero alla diversa soluzione di riconoscere la competenza del giudice dell’udienza predibattimentale, determinandosi un’ulteriore ipotesi di incompatibilità nel caso in cui egli rigetti la richiesta di immediato, non potendo più celebrare quell’udienza e neppure il dibattimento, nonché una inedita regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari, a differenza di quanto accade nel caso di giudizio immediato “ordinario”. In definitiva, si verificherebbe una alterazione della sequenza processuale in cui viene a collocarsi il giudizio immediato, la quale non solo non è prevista dal legislatore, ma neppure risulta giustificata da esigenze sistematiche e da ragioni di incompatibilità e che finirebbe per vanificare le esigenze di celerità che hanno ispirato la previsione del giudizio immediato anche per i reati a citazione diretta.

Nello stabilire il principio, la Corte ha in sostanza evidenziato che il nuovo art. 558-bis cod. proc. pen. prevede che trovino applicazione le norme sul giudizio immediato “ordinario”; che i nuovi artt. 554-bis e 554-ter cod. proc. pen., nel disciplinare le attribuzioni del giudice dell’udienza predibattimentale, non fanno riferimento all’emissione del decreto di giudizio immediato; che, per le sue caratteristiche, il decreto in oggetto riveste natura endoprocessuale e meramente strumentale all’interno della procedura di approdo alla fase del dibattimento, sicché la decisione sulla sua emissione attiene necessariamente ancora alla fase delle indagini preliminari.

 

Cass. Pen. sez. I ud. 16 giugno 2023 n. 31927

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