In tema di concessione del permesso premio, non costituisce elemento ostativo, ai fini del giudizio prognostico circa la realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, il mancato completamento del processo di revisione critica del vissuto criminale, potendo ritenersi sufficiente che tale processo abbia avuto inizio in modo significativo.

Il Tribunale ha respinto il reclamo del condannato, in espiazione della pena dell’ergastolo con isolamento diurno per anni tre per reati ostativi, avverso il provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza ha rigettato l’istanza di permesso premio, ritenendo la sussistenza del pericolo di ripristino dei collegamenti con la criminalità organizzata dando, però, dice la Corte, una motivazione insufficiente, oltre che manifestamente illogica. Da un lato, ha preso atto dell’indubbio cambiamento della personalità del detenuto che ha aderito al percorso trattamentale di studio e di lavoro e ha mostrato disponibilità alla messa in discussione del passato criminale con l’ausilio degli operatori penitenziari; dall’altro ha posto l’accento, per ridimensionare i dati positivi appena prima ricordati, sulla gravità e quantità dei reati commessi, nonostante siano risalenti nel tempo, e senza considerare che, di per sé, l’esistenza di reati gravi oggetto di condanna è il presupposto più che l’oggetto dell’esercizio del potere giudiziale di valutazione della domanda di permesso premio di un detenuto. Ha quindi apprezzato la necessità della prosecuzione del trattamento in ragione di una ancora parziale revisione critica del grave passato criminale, e ciò se pure il compimento del percorso di revisione critica non sia requisito richiesto dalla legge nella valutazione della domanda di permesso premio.

Si è infatti affermato, in riferimento alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale – che è beneficio penitenziario ben più consistente del permesso premio e che implica, rispetto al permesso premio, un approfondimento maggiore del percorso trattamentale in ragione del principio di progressività – che “ai fini del giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto … non possono, di per sé, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato” (Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, Rv. 277924).

Si ha così che il mancato completamento del processo di revisione critica del vissuto criminale non è elemento impeditivo ai fini della concessione di un permesso premio, potendo ritenersi sufficiente che il processo abbia avuto inizio in modo significativo. Nell’affermazione della sussistenza del pericolo di ripristino delle relazioni criminali il Tribunale ha ritenuto necessario l’approfondimento trattamentale in ragione del contesto sociale e familiare di provenienza, e ciò dopo aver evidenziato che i familiari sono tutti gravati da precedenti penali. Il Tribunale, però, non si è fatto carico di spiegare, dopo aver richiamato la nota della DDA da cui emerge che il gruppo criminale di riferimento “può ormai dirsi disciolto” (fl. 2 dell’ordinanza impugnata), se i precedenti penali dei familiari siano indice concreto di una persistenza di collegamento con taluno o più del disciolto gruppo criminale che magari operino, come si è pure specificato nella richiamata nota della DDA, attraverso la ricostruzione di “piccoli clan a base prevalentemente familiare”.

Non ha poi illustrato come il pericolo di ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata possa essere individuato, non solo e non tanto alla luce del corretto comportamento carcerario dell’interessato e della sua adesione ai programmi trattamentali, quanto in riferimento all’oggetto della domanda, di un permesso premio che, per quanto si legge in ricorso, dovrebbe essere fruito ben lontano dal territorio tarantino e specificamente o a Sulmona o in territorio di L’Aquila.

Non si esclude, allora, che sia elemento da prendere in doverosa considerazione, ai fini delle valutazioni sul pericolo potenziale di ripristino delle relazioni criminali, il fatto che il gruppo associativo di pregressa appartenenza, per quanto disciolto, possa in qualche modo aver prodotto nuove realtà criminali di tipo associativo in qualche modo vicine al contesto familiare del detenuto. Occorre, però, che il giudizio prognostico in ordine alla ripresa dei collegamenti criminali sia reso tenendo conto di tutti i dati di contesto, e quindi anche del contenuto del permesso premio richiesto, dovendo misurare il pericolo in riferimento sia alle persone che il richiedente intende incontrare, sia al luogo in cui il permesso dovrà essere fruito e in particolare alla sua distanza dai territori in cui il gruppo criminale opera o comunque esercita la sua influenza.

 

Cass. Pen. Sez. I, n. 26557 del 10/05/2023 dep. 20/06/2023

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