La rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia comporta l’obbligo per il giudice, a pena di nullità, di nominare tempestivamente un nuovo difensore all’imputato che non abbia provveduto ad altra nomina fiduciaria, dovendosi attribuire al differimento degli effetti dell’atto abdicativo, previsto dall’art. 107, comma 3, c.p.p., carattere temporaneo, a garanzia dell’effettività della difesa.

Con il primo motivo di ricorso la difesa ha eccepito la nullità del decreto che dispone il giudizio e degli atti conseguenti ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a seguito della rinuncia del difensore di fiducia, il G.i.p. aveva omesso di procedere alla nomina di difensore d’ufficio, ritenendo prorogato l’incarico del difensore di fiducia in assenza della comunicazione della rinuncia all’imputato; sicchè il decreto era stato emesso e notificato al difensore di fiducia in proprio e quale domiciliatario. Il Tribunale, dopo aver proceduto con sostituzioni ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen., solo in vista dell’ultima udienza aveva proceduto alla nomina di nuovo difensore d’ufficio, che aveva a quel punto eccepito la dedotta nullità, di cui la Corte aveva indebitamente negato la sussistenza, ritenendo operante il disposto dell’art. 107, comma 3, cod. proc. pen., pur a fronte dell’errore interpretativo del G.i.p.

La Corte, dopo aver ricostruito i fatti, ha, in primo luogo, stabilito se sia o meno doverosa, in caso di rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia, la tempestiva nomina di un difensore di ufficio, in assenza di nomina di altro difensore di fiducia. A fronte di un orientamento non univoco della giurisprudenza di legittimità, che talvolta si è espressa nel senso dell’insussistenza dell’obbligo, in quanto il difensore rinunciante è onerato della difesa fino alla nuova nomina (Sez. 3 n. 46435 del 13/09/2019, Lapadat, Rv. 277795; Sez. 5, n. 3094 del 19/11/2015, dep. 2016, Arnoldo, Rv. 266052), e in altre occasioni ha invece rilevato che la nomina è dovuta a pena di nullità (Sez. 1, n. 39570 del 12/09/2019, Perri, Rv. 276872; Sez. 1, n. 16958 del 23/02/2018, Esposito, Rv. 272603), la Corte di Cassazione ritiene di dover ribadire la sussistenza dell’obbligo in una prospettiva sistematica, volta ad attribuire rilievo prioritario all’effettività della difesa.

In questo senso deve innanzi tutto osservarsi che, nel caso di specie, non aveva rilievo la circostanza, erroneamente valorizzata dal G.u.p., che non risultasse la comunicazione della rinuncia all’imputato, peraltro portata a conoscenza del giudice: proprio tale circostanza, in realtà, ponendo l’imputato in una condizione di minorata difesa, cioè nell’impossibilità di determinarsi consapevolmente in ordine alla nomina di un nuovo difensore, imponeva un intervento tale da colmare quel deficit, attraverso la nomina di un difensore di ufficio.

Più in generale va rimarcato come l’obbligo discenda dalla sincronica lettura delle norme del codice di rito, dedicate al tema della nomina e della sostituzione del difensore. L’art. 97, comma 1, cod. proc. pen. prevede che l’imputato, che non ha nominato un difensore di fiducia o ne è rimasto privo, è assistito da un difensore d’ufficio. D’altro canto, il quarto comma del citato art. 97 stabilisce che quando è richiesta la presenza del difensore e quello di fiducia o di ufficio nominato a norma dei commi 2 e 3 non è stato reperito, non è comparso o ha abbandonato la difesa il giudice designa come sostituto un altro difensore prontamente reperibile. Dalla combinazione di tali due norme si ricava che la nomina si impone allorché l’imputato sia rimasto privo del difensore e che, peraltro, la sostituzione d’ufficio costituisce un’eventualità episodica e temporanea, legata a specifiche contingenze. A fronte di ciò, l’art. 107 cod. proc. pen. disciplina le ipotesi di non accettazione o di rinuncia al mandato o di revoca del mandato fiduciario, stabilendo che la non accettazione non ha effetto, finché non sia comunicata all’autorità procedente, e che la rinuncia e la revoca non hanno effetto finché la parte non risulti assistita da un nuovo difensore di fiducia o di ufficio e non sia decorso il termine a difesa eventualmente concesso ai sensi dell’art. 108. Tale ultima disposizione a sua volta prevede che nei casi di rinuncia, revoca, incompatibilità e nel caso di abbandono della difesa il nuovo difensore dell’imputato o quello designato d’ufficio ha diritto ad un termine congruo, idoneo ad assicurare l’esercizio effettivo della difesa.

Il riferimento al nuovo difensore d’ufficio, contenuto nell’art. 107, va posto in relazione con la previsione dell’art. 97, riguardante la designazione d’ufficio all’imputato che sia rimasto privo del difensore. Ciò significa che nel caso di rinuncia, sebbene l’efficacia della stessa si perfezioni nel momento in cui l’imputato disponga di un nuovo difensore e sia decorso il termine eventualmente richiesto, nondimeno si impone l’immediata nuova designazione, senza la quale la rinuncia sarebbe sempre e comunque tamquam non esset, a scapito dell’effettività della difesa, dovendosi per contro desumere proprio dagli artt. 107 e 108 che in caso di rinuncia debba aversi riguardo ad un nuovo difensore e che l’efficacia differita della rinuncia o della revoca non possa essere rimessa alla volontà del giudice, ma sia correlata all’esigenza di assicurare il fisiologico svolgimento del processo, in una prospettiva di limitata temporaneità del differimento dell’efficacia.

Tutto ciò assume maggior rilievo allorché il difensore rinunciante, il cui mandato risulti tuttavia temporaneamente ancora efficace, ometta nondimeno di comparire, così da imporre la nomina di un sostituto ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen. È di tutta evidenza che il sistematico ricorso ad un sostituto, designato d’ufficio, di un difensore rinunciante, in assenza della nomina di un nuovo difensore, costituisca evenienza patologica, che non riflette né la necessaria limitatezza del differimento dell’efficacia della rinuncia né il carattere necessariamente episodico della sostituzione. Deve aggiungersi che nel caso del sostituto, designato d’ufficio, non è applicabile la previsione dettata dall’art. 108, relativa al termine a difesa, ciò che trova giustificazione nella temporaneità di quella sostituzione, a fronte della persistenza dell’incarico del difensore di fiducia o di ufficio (sul punto Corte cost. n. 450 del 1997, n. 162 del 1998, n. 17 del 2006; Sez. 2, n. 46047 del 23/11/2021, El Moutaouakil, Rv. 282324). Ma ciò implica pur sempre che la sostituzione si inserisca in un quadro delineato dall’attribuzione di un incarico difensivo principale, di fiducia o d’ufficio, e che, nel caso di rinuncia, l’applicazione dell’art. 108 postuli invece il riferimento ad un nuovo stabile mandato difensivo, rispetto al quale il differimento dell’efficacia può essere solo temporanea. Un diverso apprezzamento del quadro normativo finirebbe per risultare in contrasto con i principi elaborati dalla Corte di Strasburgo, che ha più volte segnalato la necessità di assicurare il pieno contraddittorio attraverso l’effettività della difesa, se del caso anche attraverso la concessione di idonei termini volti a realizzare tale obiettivo (si rinvia a Corte EDU, 27/04/2006, Sannino, c. Italia; Corte EDU 21/04/1998, Daud c. Portogallo).

Alla luce di tale analisi deve dunque ritenersi che nel momento in cui ha notizia della rinuncia al mandato il Giudice deve provvedere alla nomina di un nuovo difensore, fermo restando che nelle more, fintantoché il nuovo difensore non abbia assunto il pieno esercizio dell’incarico e non sia decorso l’eventuale termine richiesto, risulta ancora efficace la nomina fiduciaria precedente. Ma tale efficacia deve essere comunque temporanea e tale da assicurare l’effettività della difesa, con la conseguenza che la stessa postula la concomitante designazione del nuovo difensore, che non può dipendere da una libera opzione del Giudice. Una volta intervenuta la nuova nomina e datosi corso alla fase destinata a sfociare nell’assunzione effettiva della difesa da parte del nuovo difensore, può aversi riguardo all’efficacia temporanea del mandato del difensore rinunciante.

Solo in tale prospettiva può darsi rilievo al dovere gravante su tale difensore (segnalato da Sez. 6, n. 18113 del 11/03/2021, S., Rv. 281093) di assicurare comunque la piena difesa dell’imputato, dovendosi escludere un vulnus all’esercizio del diritto di difesa, in quanto quel difensore è già a conoscenza della vicenda processuale. Ma ciò presuppone comunque che il nuovo difensore sia posto in grado di esercitare l’incarico, dopo aver eventualmente chiesto un termine, essendo necessario dunque che il nuovo difensore sia effettivamente operativo prima che la fase o il grado in cui la nomina è intervenuta si concluda, differendosi all’occorrenza tale momento e non essendovi per il resto preclusioni all’ulteriore, temporaneo svolgimento del processo. Nel contempo, deve valutarsi l’effettività della difesa, che non può essere nelle more demandata solo formalmente al difensore rinunciante ma nella sostanza rimessa a sostituti designati d’ufficio, privi della legittimazione a chiedere un termine. In pratica il Giudice deve poter valutare se, nonostante la rinuncia, la difesa sia comunque assicurata, essendo ammissibili episodiche sostituzioni ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen., ma non situazioni caratterizzate da una permanente assenza del difensore rinunciante, che finirebbe per essere equiparata ad un abbandono della difesa, ricorrendo il quale dovrebbe differirsi la trattazione del processo, onde consentire il pieno esercizio del mandato al nuovo difensore designato.

L’operatività del sistema, così ricostruito, è destinata a contemperare il pieno esercizio della difesa, a tutela del contraddittorio, con l’effettivo svolgimento del processo. In tale prospettiva va anche considerato che «il diniego di termini a difesa, ovvero la concessione di termini ridotti rispetto a quelli previsti dall’art. 108, comma primo, cod. proc. pen., non possono dar luogo ad alcuna nullità quando la relativa richiesta non risponda ad alcuna reale esigenza difensiva e l’effettivo esercizio del diritto alla difesa tecnica dell’imputato non abbia subito alcuna lesione» (cfr. sul punto Sez. U, n. 155, del 29/09/2011, dep. 2012, Rossi, Rv. 251497, relativa a fattispecie concernente un reiterato avvicendamento di difensori – posto in essere in chiusura del dibattimento, secondo una strategia non giustificata da alcuna reale esigenza difensiva, ma con la sola funzione di ottenere una dilatazione dei tempi processuali; si rinvia nello stesso senso a Sez. 5, n. 23884 del 01/03/2019, Trevisan, Rv. 277244, con riferimento alla violazione dei doveri di lealtà e correttezza).

Sulla scorta dei rilievi fin qui formulati, deve prendersi atto del fatto che la fase processuale (udienza preliminare, con decreto che dispone il giudizio, e fase dibattimentale) si è svolta in assenza della nomina di un nuovo difensore, a fronte della rinuncia di quello di fiducia. D’altro canto, le udienze, sia quella preliminare sia quelle dibattimentali, sono state svolte in presenza di sostituti, designati d’ufficio, del difensore di fiducia rinunciante, mai comparso.

Su tali basi deve ritenersi che la mancata nomina del nuovo difensore equivalga alla mancanza effettiva di un difensore e di un’effettiva difesa, sia con riguardo alla fase dibattimentale sia con riguardo all’udienza preliminare. Deve al riguardo precisarsi che in caso di tempestiva nomina, il dibattimento ben si sarebbe potuto svolgere fin dall’inizio con il nuovo difensore, a quel punto direttamente investito della difesa, fermo restando che la sistematica assenza del difensore rinunciante nel corso di più udienze avrebbe dovuto equipararsi, in mancanza di elementi di diverso segno, all’assenza di una difesa effettiva, ciò che di per sé avrebbe imposto in parte qua l’accoglimento dell’eccezione di nullità tempestivamente sollevata dal difensore di ufficio, finalmente nominato. Ma altrettanto deve dirsi per la fase dell’udienza preliminare, in quanto non è tempestivamente avvenuta la nomina del nuovo difensore prima della conclusione della fase, in modo da consentirgli un effettivo intervento, senza che peraltro sia stata assicurata la presenza effettiva del difensore rinunciante, sostituito da difensore designato d’ufficio. Non ricorre dunque una situazione riconducibile fisiologicamente alla sfera di operatività dell’art. 107, comma 3, cod. proc. pen., ma una situazione patologica, tale da determinare la nullità del processo, nullità che deve ricondursi alla mancanza del difensore e che comunque, anche se riferita all’intervento e all’assistenza dell’imputato ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., è stata tempestivamente eccepita ai sensi e agli effetti dell’art. 180 cod. proc. pen. Non ricorrevano, d’altro canto, profili di violazione del dovere di lealtà e correttezza, implicanti uno strumentale esercizio della facoltà di rinuncia.

Cassazione penale sez. VI – 25/10/2022, n. 47159

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