In tema di mandato d’arresto europeo, dovendo intendersi pronunziato “allo stato degli atti” il rifiuto alla consegna per l’esistenza del rischio di sottoposizione del consegnando a trattamenti penitenziari inumani o degradanti nello Stato di emissione, l’Autorità giudiziaria nazionale, a fronte della perdurante inerzia, da parte di tale Stato, nell’evadere la richiesta di informazioni complementari, può assegnare, ex art. 15, par. 2, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, un termine ultimo all’Autorità giudiziaria dello stesso, rapportato alla specificità del caso concreto, affinché siano raccolte le informazioni necessarie, sollecitando, nel contempo, l’evasione della menzionata richiesta attraverso l’intervento di “Eurojust”.

Il Procuratore Generale ha impugnato il provvedimento della Corte di Appello – che aveva rifiutato la consegna di un cittadino albanese sul presupposto che lo Stato emittente il mandato di arresto europeo non aveva fornito sufficienti informazioni sul trattamento penitenziario riservato al consegnando – sostenendo, da un lato, che il d.lgs. n. 10 del 2021 ha abrogato l’art. 16 della legge n. 69 del 2005, nella parte in cui prevedeva che la richiesta di consegna dovesse essere respinta qualora l’autorità giudiziaria dello Stato richiedente non avesse dato corso alla richiesta di informazioni integrative; per altro verso, che la stessa novella ha inserito, nella citata legge n. 69, l’art. 22-bis, il quale, per l’ipotesi in cui il procedimento non si possa concludere nei tempi previsti, e quindi anche nel caso dell’inerzia dello Stato emittente nella risposta alle richieste di informazioni formulategli dallo Stato di esecuzione del mandato, prevede la possibilità di darne comunicazione alla struttura di cooperazione giudiziaria Eurojust, attraverso la quale sarebbe possibile sollecitare l’evasione della richiesta.

La Corte ha accolto il ricorso con alcune importanti precisazioni.

Se è pacifico che lo Stato emittente il mandato di arresto non aveva mai trasmesso informazioni sufficienti ad escludere il rischio per la persona richiesta in consegna di un trattamento penitenziario contrario all’art. 3 CEDU, deve essere altrettanto chiaro che il rifiuto è un provvedimento allo “stato degli atti” per come, sul punto, affermato dalla Corte di Giustizia U.E. (Grande sezione, sentenza 5 aprile 2016, C404/15, Aaranyosi e C 659/15, Caldararu, §§ 98-99), secondo la quale, nel caso in cui, sulla base delle informazioni fornite, non venga escluso il rischio concreto di un trattamento inumano o degradante del consegnando, l’esecuzione del mandato «deve essere rinviata, ma non può essere abbandonata», prevedendosi altresì che di tale rinvio lo Stato esecuzione informi l’Eurojust, con l’indicazione dei motivi del ritardo.

La regola che la Corte di giustizia vuole delineare – nel rispetto dei princìpi del reciproco affidamento e della collaborazione tra gli Stati dell’Unione, che sono alla base del sistema del mandato d’arresto europeo – è dunque quella per cui la decisione del giudice nazionale non deve impedire la consegna qualora pervengano in seguito le informazioni che facciano escludere l’esistenza del suddetto rischio, purché ciò avvenga entro un tempo ragionevole. Di qui la necessaria conseguenza per cui, fintanto che non ottenga, entro un termine da essa prefissato o comunque ragionevole, le necessarie informazioni complementari, l’autorità giudiziaria di esecuzione deve rinviare la propria decisione sulla consegna (così, Sez. 6, n. 23277 del 01/06/2016, Barbu, Rv. 267296).

 

Tale lettura normativa trova conforto nella modifica introdotta con la novella n. 21 del 2021 all’art. 16, legge n. 69 del 2005, dal quale è stata eliminata la previsione espressa del rigetto tout court della richiesta di consegna, per il caso di omessa trasmissione delle informazioni supplementari richieste, da parte dello Stato emittente il mandato.

 

Se è vero, dunque, che il rifiuto della consegna deve intendersi pronunciato soltanto «allo stato degli atti», rimane l’esigenza di stabilire fin quando il procedimento di esecuzione del mandato possa protrarsi, non essendone ovviamente possibile una pendenza sine die, per il caso di perdurante inerzia dello Stato emittente nell’evasione della richiesta di informazioni complementari rivoltagli.

 

Nel silenzio della decisione quadro, come pure della legge n. 69, cit., la Corte ha ritenuto di individuare la regola di riferimento, anche per questo specifico aspetto, nella già richiamata sentenza “Aaranyosi – Caldararu” della CGUE.

 

Questa, infatti, dà sostanza al presupposto del “tempo ragionevole” per la trasmissione delle informazioni complementari da parte dello Stato emittente il mandato, prevedendo che, a norma dell’articolo 15, par. 2, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, l’autorità giudiziaria di esecuzione possa fissare, a tal fine, un termine ultimo, il quale, però, sia adattato al caso di specie, al fine di lasciare all’autorità giudiziaria dello Stato di emissione il tempo necessario per raccogliere dette informazioni, altresì ricorrendo a tal fine, se necessario, all’assistenza dell’autorità centrale o di una delle autorità centrali dello Stato membro emittente, a norma dell’articolo 7 della stesso decisione quadro. Detto termine – aggiunge la CGUE – in forza dell’articolo 15, par. 2, della decisione quadro, deve tuttavia tener conto della necessità di rispettare i termini fissati dal successivo articolo 17 della medesima per la decisione sull’esecuzione del mandato.

 

Peraltro, la Corte di Giustizia afferma espressamente che qualora l’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione decida il rinvio della decisione, in quanto ritiene sussistente un rischio concreto di trattamento inumano o degradante del consegnando, lo Stato membro di esecuzione debba informare l’Eurojust, conformemente all’articolo 17, par. 7, della decisione quadro, precisando i motivi del ritardo. Ed è, considerando la sostanziale identità di situazioni, ragionevole ravvisare l’esistenza di tale obbligo informativo anche nell’ipotesi speculare di assenza di notizie tali da poter escludere l’anzidetto rischio per il consegnando, potendosi dunque in tal caso, attraverso l’intervento di Eurojust, sollecitare lo Stato emittente il mandato ad adempiere alla richiesta di informazioni.

 

Cassazione penale sez. 6 n. 45291 dell’8 novembre 2023, dep. 9 novembre 2023.

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