La Corte di Cassazione, con la sentenza allegata, torna ad affrontare la questione afferente la qualificazione giuridica ex art. 75 comma V D.P.R. 309/90 delle ipotesi di detenzione di sostanza stupefacente che “per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze” debbano ritenersi di lieve entità

La Suprema Corte ha disposto l’annullamento con rinvio della sentenza emessa dalla Corte di Appello di Napoli che aveva reputato l’imputato responsabile del reato previsto dalla norma contenuta nell’art. 73, comma 4, D.P.R. 309/90 per aver detenuto 44,60 grammi di droga leggera.

Nel caso di specie, inoltre, veniva rinvenuto un bilancino e delle buste che inducevano la Corte partenopea a “escludere l’ipotesi meno grave visto il disvalore complessivo e la sociale pericolosità del fatto nella sua unitarietà”.

Ciò posto, il Supremo Collegio ha censurato la sentenza impugnata limitatamente alla mancata qualificazione del fatto nella fattispecie prevista dall’art. 75, comma 5, D.P.R. 309/90.

Preliminarmente devesi rilevare che, quando il dato ponderale della sostanza detenuta è compatibile tanto con quanto previsto sia dalla norma contenuta nell’art. 73 commi 1 e 2 sia dalla norma contenuta nell’art. 73, comma 5, incombe sul giudice un rigoroso onere motivazionale con la specifica indicazione degli elementi che consentono di qualificare il fatto nella ipotesi di reato più grave o in quella meno grave.

La Corte di legittimità si è soffermata, nel caso di specie, sul peso della sostanza (44,60 grammi), sulla natura della medesima (droga leggera), sulla modesta somma di denaro sequestrata (25 euro) e sull’assenza di elementi idonei a considerare esistente una rete organizzata di spaccio con collaudati e corposi sistemi di guadagno di ingenti somme di danaro.

Il Supremo Collegio si sofferma su due diversi orientamenti.

Il primo (non condiviso) si fonda sulla c.d. “indagine statistica” da parte dell’organo decidente di un “campione significativo di sentenze, compatibile con l’art. 73, comma 5, D.P.R.” secondo il quale, se il quantitativo della sostanza stupefacente sequestrata rientra all’interno del “valore – soglia”, è possibile enucleare e circoscrivere il fatto all’interno della fattispecie prevista dal comma 5 dell’art. 73 D.P.R. 309/90 nel rispetto della “ricognizione statistica” di pronunciamenti giurisdizionali operata dal giudice competente.

Il secondo si fonda sulla negazione della “ricognizione statistica” atteso che, ai fini della qualificazione del fatto ai sensi della norma contenuta nell’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90, non è possibile procedere alla analisi del dato quantitativo facendo unicamente leva sul campione statistico di sentenze che hanno riconosciuto la fattispecie c.d. “di lieve entità” essendo, invece, necessaria un’analitica valutazione di tutti gli elementi richiamati dalla norma incriminatrice idonei a riconoscere o meno la fattispecie prevista ex art. 73 comma 5.

Nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, indipendentemente dalla condivisione di un orientamento o dell’altro, la quantità di sostanza sequestrata, la sua natura, la presenza di un bilancino e di buste per il confezionamento non possono ritenersi da soli elementi tali da escludere la qualificazione del fatto all’interno della fattispecie ex art. 73 comma 5.

Il dato superiormente esposto trova conferma nel fatto che, nel caso di specie, non fossero presenti ulteriori elementi (collegamenti con gruppi criminali e sistema di finanziamento/guadagno collaudato) idonei a escludere ab origine la c.d. “lieve entità” della detenzione illecita contestata.

 

Cass. pen., sez. III, 9 maggio 2023 (22 novembre 2023), n. 46871 – Pres. Galterico – Rel. Socci

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