Nell’ipotesi de qua la Corte del merito aveva ritenuto che l’ accertato alto tasso alcolemico della vittima non significa automaticamente che la sua presenza e la sua condotta di pedone siano state incontrollabili e imprevedibili nonché imponderabili da parte dell’imputato alla guida della propria autovettura atteso che l’orario notturno, la mancanza di illuminazione pubblica, il contesto e collocazione del pedone imponevano al conducente una più alta soglia di attenzione e la riduzione della velocità del veicolo. In altre parole la Corte del merito fondava e argomentava la sussistenza della prova dell’imputabilità psichica dell’evento morte sulla ordinaria prevedibilità della presenza del pedone e sulla prova certa (non presuntiva o congetturale) che una serie di circostanze avrebbero evitato l’urto dell’auto con il pedone. Quest’ultimo – spiega la motivazione impugnata – avrebbe potuto essere avvistato (ed evitato) dal conducente dell’auto, che quindi avrebbe potuto frenare la corsa del veicolo, se avesse attivato i fari abbaglianti, avesse viaggiato a velocita ridotta, avesse compiuto in extremis una manovra di emergenza, una volta accortosi del pedone in tempo utile per arrestare il veicolo.
La sentenza è stata oggetto di gravame per mezzo del quale si lamentava l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 40, 42, 589 cod. pen., per aver omesso la sentenza impugnata di delineare il nesso di causa psichica e di aver accertato tramite un giudizio controfattuale e un diverso comportamento lecito, nei fatti omesso, avrebbe evitato la realizzazione dell’evento con certezza o quantomeno avrebbe avuto significative probabilità di scongiurare l’evento.
La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, condividendo le argomentazioni logico-giuridiche della sentenza gravata sul piano della dimostrazione logico-probatoria idonea a spiegare la sussistenza della causalità della colpa e dell’omesso comportamento alternativo lecito, specifica che per la prova dell’elemento soggettivo del reato si richiede non soltanto che l’evento dannoso sia prevedibile, ma altresì che lo stesso sia evitabile dall’agente con l’adozione delle regole cautelari idonee, non potendo essere soggettivamente ascritto per colpa un evento che, con valutazione ex ante, non avrebbe potuto comunque essere evitato. Aggiungeva, poi, che non basta la mera asserzione o prospettazione su una ipotetica alternativa causale ma si può escludere la responsabilità soltanto per il caso in cui detto evento si sarebbe comunque verificato, in relazione al medesimo processo causale, nei medesimi tempi e con la stessa gravità od intensità, poiché in tal caso dovrebbe ritenersi che l’evento imputato all’agente non era evitabile.
Cassazione penale sez. IV nr. 47403 del 04/10/2023.
Iscrivendoti alla nostra Newsletter acconsenti al trattamento dei dati personali ai sensi della legge n. 196/2003 e successive modifiche Regolamento UE 2016/679. Concessione del consenso per ricevere esclusivamente approfondimenti di interesse giuridico. Per ulteriori informazioni, clicca qui