Si deve ritenere legittimo il sequestro probatorio avente ad oggetto apparati telefonici o supporti informatici i cui contenuti, ex ante ritenuti utili dal Pubblico Ministero per il prosieguo e lo sviluppo delle indagini preliminari, per evidenti ragioni tecniche possono essere acquisiti soltanto dopo l’esame forense degli stessi.

Il Tribunale del riesame annullava il sequestro probatorio dei telefoni dell’indagato non rinvenendo l’utilità probatoria del provvedimento ablativo atteso che l’art. 253 c.p.p., comma 1, prevede, quanto all’onere motivazionale, l’indicazione della specifica necessità del vincolo reale in funzione dell’accertamento dei fatti. Tale onere, a parere del tribunale, non sarebbe stato adeguatamente assolto in quanto l’organo requirente ha indicato l’indispensabilità del sequestro al fine dell’effettuazione dei suindicati accertamenti tecnici sui telefoni del ricorrente per la finalità specificata nel decreto impugnato, cioè quella di verificare la ricostruzione dei fatti offerta dagli indagati nell’ambito di conversazioni riservate e confidenziali, nonché verificare se gli indagati avessero concordato, tra di loro o su indicazione di terzi, versioni di comodo da offrire all’A.G., nonché quella di verificare se gli indagati avessero formulato considerazioni confessorie o etero accusatorie. Tali finalità erano state considerate dal Tribunale meramente ipotetiche in quanto non si può in alcun modo ritenere che i due telefoni del ricorrente in sequestro costituiscano ex art. 253 c.p.p. né corpo di reato né cose pertinenti al reato, specificamente per mancanza del nesso di pertinenzialità in relazione all’ipotizzato reato di disastro ferroviario colposo. Al riguardo nell’impugnato provvedimento si osserva che, dal momento che dagli atti non emerge alcun elemento che consenta di ritenere tali dichiarazioni effettivamente esistenti nei citati supporti, la ricerca di tali dichiarazioni appare meramente esplorativa ed anche sproporzionata in quanto conduce all’indiscriminato sequestro di conversazioni e dati personali costituenti beni giuridici costituzionalmente tutelati. In sostanza, quindi, il Tribunale ritiene che i beni appresi non siano “cosa pertinente al reato” difettando il nesso di “pertinenzialità”.

La Corte, nell’accogliere il ricorso del Procuratore della Repubblica avverso il provvedimento del Tribunale, ha innanzitutto condiviso la tesi che considera cose pertinenti al reato – cioè necessarie all’accertamento dei fatti e delle responsabilità, secondo un giudizio prognostico, effettuato ex ante – gli apparati telefonici che, peraltro, sono anche supporti informatici. E’ pacifica infatti la differenza tra corpo del reato e cosa pertinente al reato: il primo presuppone un rapporto di immediatezza tra cosa ed illecito; la seconda è concetto di più vasta portata, capace di racchiudere, oltre al corpus delicti ed ai producta sceleris, le cose in qualsiasi modo connesse al reato, anche se indirettamente rilevanti ai fini dell’accertamento del fatto criminoso, del suo autore e delle relative circostanze; cioè sono cose utili e acquisibili per esigenze probatorie tutte quelle che, anche senza essere in rapporto qualificato con il fatto illecito, presentino capacità dimostrativa dello stesso. Quindi non solo quelle con un’intrinseca e specifica strumentalità rispetto al reato per il quale si procede, ma anche quelle indirettamente legate al reato e però necessarie all’accertamento dei fatti. Quindi, se il perimetro di legittimità del sequestro probatorio è dato dalla pertinenzialità dell’oggetto ablato rispetto alla ricerca probatoria sul fatto, occorre tener conto del rapporto che correla il bene al reato e di quale sia il tipo di fatto in concreto verificatosi e di quali possano essere gli elementi oggettivi e soggettivi da provare. Tali confini funzionali del sequestro probatorio garantiscono che l’ablazione sia finalizzata alla prova di quel reato e non può servire a un astratto obiettivo investigativo da perseguire in modo eccentrico.

Nel caso concreto si può escludere che il sequestro probatorio abbia assunto una valenza meramente esplorativa di notizie di reato diverse ed ulteriori rispetto a quella per cui si procede (vedi Sez. 6, n. 34265 del 22/09/2020, Aleotti, Rv. 279949-02), soprattutto ove si ponga a mente che gli apparati telefonici sono anche supporti informatici, oggetto del sequestro in quanto costituiscono il luogo in cui ordinariamente sono memorizzati e custoditi anche tracce di contatti, messaggi, riprese video-fotografiche, appunti etc. che non possono essere confusi con i contenuti ricavabili dalle comunicazioni telefoniche. La prospettata riconducibilità dell’acquisizione in esame al regime delle intercettazioni confonde il piano delle comunicazioni con quello della custodia dei dati; sicchè la ragionevole ipotesi della custodia di dati relativi al disastro e di un’interazione tra gli indagati e/o con terzi soggetti, appare non soltanto coerente con i possibili itinera investigativi ma anche doverosa per l’autorità requirente la ricerca e l’assicurazione di ogni elemento utile per le indagini, nei confronti – o anche a favore – degli indagati, ben potendo emergere un diverso ruolo soggettivo, o un documento esimente rispetto ad essi o ad alcuni di essi, ad esempio chiarendo eventuali anomalie tecniche intervenute o prospettando temi organizzativi attribuibili a terzi, errori o violazioni cautelari.

Quanto al secondo profilo di censura – ossia la necessità che per effettuare il sequestro e il conseguente esame forense occorra avere prima l’evidenza dell’esistenza di contenuti di interesse investigativo e poi tentare l’ablazione della res che li contiene – la Corte osserva che il principio, in astratto corretto, deve adattarsi alle caratteristiche e alle condizioni materiali e tecniche del bene, nonché alla possibilità di disperdere tracce, dati, elementi di cognizione che possono servire a proseguire le indagini preliminari.

 

Proprio nel caso in esame la sequenza di perquisizione, sequestro, esame si deve adattare alla natura dei supporti informatici dove per verificare se in un dispositivo vi siano contenuti di interesse investigativo, per mere ragioni di acquisizione e lettura dei dati, è necessario prima disporne l’ablazione, e poi effettuare la ricerca mediante lettura, visione, analisi dei dati documentali. Non è tecnicamente possibile la sequenza opposta, ovverosia che per effettuare il sequestro probatorio (e il conseguente esame forense) il requirente debba avere (e motivare) prima l’evidenza dell’esistenza di contenuti di interesse investigativo che invece può solo ipotizzare e che sta cercando di acquisire per il prosieguo delle indagini.

Tali considerazioni conducono al principio per cui si deve ritenere legittimo il sequestro probatorio avente ad oggetto apparati telefonici o supporti informatici i cui contenuti, ex ante ritenuti utili dal pubblico ministero per il prosieguo e lo sviluppo delle indagini preliminari, per evidenti ragioni tecniche possono essere acquisiti soltanto dopo l’esame forense degli stessi.

Cassazione penale sez. IV – 04/10/2023, n. 47422

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