L’ordinanza di archiviazione per la particolare tenuità del fatto emessa, ai sensi dell’art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen., a seguito di opposizione dell’indagato, per effetto delle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 ottobre 2023, n. 122, che ne ha escluso l’iscrizione nel casellario giudiziario ove il relativo certificato sia richiesto da privati, dal datore di lavoro o sia destinato a pubbliche amministrazioni, è ricorribile per cassazione per violazione di legge ex art. 111, comma 7, Cost., a condizione che sia allegato un interesse concreto ed attuale alla rimozione del provvedimento.

Va premesso che l’art. 410-bis cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 103 del 2017, consente la presentazione di un reclamo avverso il provvedimento di archiviazione del Giudice per le indagini preliminari, ma esclude che contro la decisione sul reclamo sia proponibile il ricorso per cassazione. Tale mezzo di impugnazione è consentito solo per dedurre l’abnormità dell’atto impugnato e non anche per dedurne l’illegittimità per uno dei vizi elencati nell’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. 6, Sentenza n. 12244 del 07/03/2019, Fascetto Sivillo, Rv. 275723; Sez. 5, n. 40127 del 09/07/2018, Ferrari, Rv. 273875), come nel caso di specie, in cui la ricorrente denuncia la violazione di legge per motivazione apparente in ordine alla eccepita intempestività della querela e, dunque, alla mancanza di una condizione di procedibilità.

Tuttavia, trattandosi di un’ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto, si impongono ulteriori considerazioni.

Il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto non è reclamabile ex art. 410 bis comma 3 cod. proc. pen. se non nei casi di nullità del provvedimento: nullità ritenute insussistenti nel caso di specie alla luce dell’oggetto del reclamo, attinente alla mancanza della condizione di procedibilità del reato. Esclusa, pertanto, la proponibilità del reclamo, il Giudice ha qualificato il reclamo come ricorso, conformandosi all’orientamento di questa Corte secondo il quale l’ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto emessa, ex art. 411, comma 1 bis, cod. proc. pen., a seguito di opposizione dell’indagato, è impugnabile con ricorso per cassazione per violazione di legge, ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost. (In motivazione, la Corte ha precisato che tale ordinanza, pur non avendo forma di sentenza, ha carattere decisorio e capacita di incidere, in via definitiva, su situazioni di diritto soggettivo, sicché, non essendo previsto alcun altro mezzo di impugnazione, è ricorribile per cassazione, Sez. 5, n. 36468 del 31/05/2023, Tramo, Rv. 285076; Sez. 3, n. 5454 del 27/10/2022, dep. 2023, Pandolfi, Rv. 284139). Tale impostazione, che correttamente ha riguardo la natura decisoria del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, in quanto presuppone l’accertamento di un fatto reato, sebbene particolarmente tenue, e tiene conto della prevista iscrizione di detto provvedimento nel casellario giudiziale, è condivisibile nelle premesse, non nelle conclusioni, dalle quali la Corte di Cassazione si discosta in relazione al profilo dell’interesse a ricorrere, che va valutato in rapporto all’effettivo pregiudizio per l’indagato derivante dall’iscrizione del provvedimento di archiviazione nel certificato del casellario giudiziale, come evocato anche nel ricorso.

E’, infatti, indubbio che la ricorribilità del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto sia correlata alla natura sostanziale dell’istituto di cui all’art. 131 bis cod. pen, che presuppone la valutazione della condotta, delle conseguenze del reato e del grado di colpevolezza, ovvero di aspetti propri del giudizio di merito, e che proprio per tale peculiare natura del provvedimento decisorio è prevista dal comma 1 bis dell’art. 411 cod. proc. pen. una speciale procedura, diretta a garantire il contraddittorio, nella specie rispettato.

Tuttavia, non va trascurato che, risolvendo il contrasto profilatosi sul punto, le Sezioni Unite (Sez. U, n. 38954 del 30/05/2019, De Martino, Rv. 276463) hanno si accolto la tesi della iscrizione del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen. nel casellario giudiziario, ma, al contempo, hanno affermato che detta iscrizione non può, in sé considerata, essere ritenuta un effettivo pregiudizio che l’indagato ha un reale interesse ad evitare; e ciò in ragione del fatto che l’iscrizione assolve esclusivamente a quella funzione di memorizzazione destinata, come già evidenziato dalla sentenza delle Sezioni Unite Tushaj, ad esplicare i suoi effetti soltanto nell’ambito del sottosistema definito dalla disposizione ex art. 131-bis cod. pen. ed all’interno del circuito giudiziario (Sez. U, cit. in motivazione).

In particolare, le Sezioni Unite Tushaj hanno precisato che l’abitualità ostativa all’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. può essere ravvisata non solo in presenza di condanne irrevocabili, ma anche di altri fatti illeciti della stessa indole commessi dal medesimo autore, essendo ostativa solo la serialità delle condotte, ed in tale prospettiva si attribuisce rilievo anche agli eventuali altri reati commessi dal medesimo autore e ritenuti non punibili ai sensi dell’art. 131- bis cod. pen. sul presupposto che il relativo provvedimento deve essere «iscritto nel casellario».

 

Ne deriva che l’iscrizione del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto rileva solo ai fini della abitualità del comportamento, ostativa all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, consentendo al giudice di conoscere anche i provvedimenti, comunque adottati, che hanno riconosciuto la causa di non punibilità.

La rilevanza, tutta interna al sottosistema delineato dall’art. 131-bis cod. pen., dell’iscrizione del provvedimento di archiviazione per tale causa nel casellario giudiziario e la circostanza che tale iscrizione non sia più prevista né per il certificato richiesto dal privato (art. 24 D.P.R. del 14/11/2002 n. 313, Testo Unico del casellario giudiziale) né per quello richiesto dal datore di lavoro (art. 25 bis T.U.); né per il certificato destinato alle pubbliche amministrazioni (art. 28, comma 7, lett. c), T.U.), a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. del 2 ottobre 2018, n. 122, avente ad oggetto la revisione della disciplina del casellario giudiziario, riducono notevolmente il pregiudizio correlabile all’iscrizione del provvedimento di archiviazione pronunciato ex art 131 bis cod. pen. e, in misura corrispondente, i margini di ricorribilità.

Occorre, infatti, che sia almeno allegato un interesse concreto ed attuale alla rimozione del provvedimento di archiviazione, indicando il concreto pregiudizio subito dall’indagato, nella specie non ravvisabile, risultando dedotto, solo in termini estremamente generici e astratti, l’eventuale “pregiudizio per chi contratta con privati o con la pubblica amministrazione”. La genericità della prospettazione destina il motivo all’inammissibilità al pari della eccezione di incostituzionalita delle norme indicate in ricorso. Considerato, peraltro, che nel caso di specie è stato garantito il contraddittorio e consentito all’indagata di contestare e di opporsi alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, e che, come già detto, il reclamo è proponibile avverso l’ordinanza di archiviazione solo se viziata dalle nullità di cui all’art. 410, comma 1 e 2, cod. proc. pen., nel caso in esame tali nullità erano insussistenti e il denunciato vizio di motivazione sulla questione processuale posta non rendeva per ciò solo reclamabile o ricorribile l’ordinanza di archiviazione, eventualmente revocabile.

 

Cass. Pen. sez. VI n. 611 del 22 novembre 2023 (dep. 8 gennaio 2024)

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