La misura cautelare degli arresti domiciliari non rientra nell’ambito applicativo del d.lg. 15 febbraio 2016, n. 36, recante disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio, del 23 ottobre 2009, in quanto tale decreto legislativo si riferisce esclusivamente alle misure cautelari non detentive.

La decisione in esame nasce dal ricorso proposto da un cittadino spagnolo al quale era stato rigettato il ricorso al Tribunale del riesame che aveva ad oggetto la richiesta di modifica del luogo di esecuzione degli arresti domiciliari. L’indagato in regime di arresti domiciliari in una comunità sul territorio italiano, aveva richiesto il trasferimento presso la propria abitazione di residenza in Spagna.

Nel ricorso, tra l’altro, si invocava l’applicazione della disciplina introdotta dal D-lgs 15.02.2016, relativo al reciproco riconoscimento delle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare, in base al quale il cittadino di uno Stato comunitario ha diritto d’ essere sottoposto nel proprio paese di origine alla misura diversa dalla detenzione.

La Suprema Corte, consapevole dell’esistenza di due indirizzi, l’uno maggioritario e favorevole all’applicazione degli arresti domiciliari nella nazione europea di residenza e l’altro minoritario nonché anche contrario, si schiera dalla parte di quest’ultimo ritenendo che la misura cautelare degli arresti domiciliari non rientra nell’ambito applicativo del D.lgs nr. 36 del 2016 trattandosi di provvedimento che si riferisce esclusivamente alle misure cautelari non detentive.

Osserva la Corte che le misure cautelari indicate dall’art. 8 della decisione quadro e dall’art. 4 del D.lgs nr. 36 del 2016, sono tutte omogenee tra di loro e si connotano tutte per imporre limitazioni alla libertà personale, ma non certo la privazione della stessa che, invece, costituisce il fondamento della misura degli arresti domiciliari.

In particolare la Corte è giunta alla suddetta conclusione valorizzando il dato letterale dell’art. 4 del D.lgs nr. 36 del 2016, che, lì dove fa riferimento alle misure alternative alla detenzione, contemplando l’obbligo di rimanere in un luogo determinato, eventualmente in ore stabilite, si riferirebbe chiaramente ad altra misura cautelare- non detentiva- e precisamente all’obbligo di dimora rispetto al quale può essere previsto anche l’obbligo aggiuntivo di non allontanarsi dall’abitazione in determinate ore del giorno.

E d’altronde, aggiunge la Corte, prendendo le mosse dalla normativa codicistica nazionale è dirimente evidenziare come l’art. 284 comma 5 c.p.p. preveda l’equiparazione degli arresti domiciliari alla custodia in carcere in tal modo sottolineando la sostanziale equiparazione delle due misure.

In altre parole la Corte afferma che gli arresti domiciliari – misura cautelare detentiva- essenzialmente non differiscono dalla detenzione cautelare carceraria se non per il luogo di esecuzione, per cui giunge alla conclusione che in mancanza di una previsione normativa che preveda espressamente l’applicazione del D.lgs 15.02.2016 nr. 36, anche alla misura degli arresti domiciliari, deve ritenersi prevalente l’equiparazione tra tale misura e la custodia in carcere stabilita in via generale dal codice di rito e di conseguenza ritenere che il decreto legislativo suddetto, di recepimento della normativa europea,  si riferisca  esclusivamente alle misure cautelari non detentive.

E peraltro, tale decisione, precisa la Corte, è in linea con il complessivo assetto della disciplina della restrizione delle libertà personali in ambito comunitario, per come prevista nella normativa sul mandato di arresto europeo.

In particolare, nel caso di procedura attiva di consegna richiesta dall’autorità italiana, l’art. 28 l. 22 aprile 2005, n. 69, stabilisce espressamente l’applicabilità del mandato di arresto europeo non solo nel caso in cui il giudice italiano abbia disposto la custodia in carcere, ma anche qualora la misura da eseguire sia quella degli arresti domiciliari. Ritenere che il d.lgs. n. 36 del 2016 si applichi anche agli arresti domiciliari determinerebbe una palese incongruenza ed una sovrapposizione con la disciplina in tema di procedura attiva di consegna mediante mandato di arresto europeo.

Infatti, se all’esito dell’applicazione della misura degli arresti domiciliari nei confronti di un cittadino di uno Stato europeo residente all’estero fosse consentita l’esecuzione della misura nello Stato di residenza, non avrebbe ragione d’essere l’espressa previsione, per tale ipotesi, della procedura attiva di consegna.

 

Cass. Sez. pen. VI ud. 19.12.2023( dep. 22.01.2024) nr. 2764.

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