In tema di prove, hanno natura di documenti acquisibili senza la necessaria instaurazione del contraddittorio ex art. 189 cod. proc. pen., e non di prove atipiche, le videoriprese effettuate in luoghi pubblici o aperti al pubblico al di fuori e prima dell’instaurazione del procedimento penale, sicché risulta legittima la testimonianza degli operatori di polizia giudiziaria in ordine al loro contenuto rappresentativo, spettando comunque al giudice l’accertamento dell’autenticità dei filmati.

La Corte di appello di Bologna confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Modena con la quale era stata dichiarata la penale responsabilità degli imputati per aver commesso in concorso i reati previsti rispettivamente dalle norme contenute negli artt. art. 110, 624 c.p., art. 81 e art. 55 d.lgs. n. 231 del 2007.

La Suprema Corte, analizzati i ricorsi, dichiarava i medesimi inammissibili.

Preliminarmente, i Giudici di legittimità hanno ribadito che la reiterazione di motivi, già introdotti nel giudizio di appello e ampiamente neutralizzati dal giudice competente, non è possibile posto che “la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, conducente, a norma dell’art. 591, co. 1, lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521-01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutatour, Rv. 277710-01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568- 01; Sez. 4, n.18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849-01; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Rv. 236945-01)”.

Altra questione disattesa dalla Suprema Corte ha riguardato la quaestio iuris afferente la ricorrenza della condizione di procedibilità in relazione ai suindicati reati contestati.

Secondo la Seconda Sezione, devesi rilevare che “la legittimazione a proporre querela spetta non solo al legittimo titolare del bene, ma anche a chi ne aveva la materiale disponibilità al momento della commissione della condotta illecita (Sez. 2, n. 25134 del 07/0372023, Barbato, Rv. 284631-01; Sez. 2, n. 37012 del 30/06/2016, Miari, Rv. 2679114-01; Sez. 5, n. 5592 del 19/11/2014, Mallamo, Rv. 262813-01; Sez.. 6, n.- 24641 del 27/02/2014, G., Rv. 260061-01)”.

Ciò posto, la Suprema Corte è intervenuta su un altro tema particolarmente interessante in tema di acquisizione di videoriprese.

Nel caso di specie, i ricorrenti hanno lamentato la “inosservanza di norme processuali in relazione alla acquisizione delle immagini estrapolate dalle video riprese di telecamere di sorveglianza” essendo tale acquisizione “avvenuta in difetto delle modalità prescritte dalla legge”.

I Giudici di legittimità, non condividendo l’assunto difensivo, hanno sottolineato che la natura di documento assunta dalle videoregistrazioni non determina la lesione del diritto di difesa una volta proceduto alla loro acquisizione “in considerazione del riconoscimento effettuato, sulla base delle stesse, dalla polizia giudiziaria”,

Ciò posto, la Suprema Corte ha ribadito il principio di diritto secondo il quale “le videoriprese effettuate in luoghi pubblici o aperti al pubblico, al di fuori e prima dell’instaurazione del procedimento penale non sono prove atipiche, ma documenti, acquisibili senza la necessità dell’instaurazione del contraddittorio previsto dall’art. 189 cod.proc. pen., tanto che sul contenuto rappresentativo delle stesse deve essere ritenuta legittima la testimonianza della polizia giudiziaria (…) (Sez. 2, n. 10 del 30/11/2016, Di Benedetto, Rv. 268787-01)”.

E’, pertanto, obbligo, in capo al giudice, quello di valutare e, soprattutto, accertare, caso per caso, l’autenticità del contenuto delle videoriprese medesime (cfr. Sez.3, n. 46156 del 13/09/2016, A., Rv. 268064-01).

 

Sez. 2, Sentenza n. 47875 del 19/10/2023 Ud. (dep. 30/11/2023) Rv. 285439-01

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