Il comportamento imprudente della vittima, la quale viaggiava di notte, su un tratto extraurbano, ad 80 km/h su strada ove vigeva il limite massimo di 50 km/h e che ha tentato di frenare soltanto giunta a sette metri dal veicolo in sosta, finendovi contro, non interrompe il nesso di causalità rispetto all’agire dell’imputato, costituendo piuttosto una concausa.
A cura di Rocco Guttà (Avvocato del foro di Locri. Componente del Direttivo e del comitato di redazione della Camera Penale di Locri)
Nella vicenda che ha dato origine alla sentenza de qua la Corte del merito – come il giudice di primo grado- aveva ritenuto l’imputato responsabile della violazione degli artt. 113 e 589 c.p. e della disciplina sulla circolazione stradale, in quanto, per come emergente dagli atti processuali, la persona offesa alla guida della propria auto, senza usare i fari abbaglianti, alla velocità di circa 80 km/h su una strada extraurbana con limite massimo di 50 km/h, priva di illuminazione, in zona di campagna, procedendo nella stessa direzione di marcia di un trattore che trascinava un rimorchio privo di luci di posizione di segnalazione condotto dall’imputato e fermo, in procinto di effettuare una svolta a sinistra con l’aiuto di due persone a terra, munite di giacca catarifrangente e di torce elettriche, tamponava violentemente il rimorchio finendo sotto lo stesso e, per effetto delle gravissime lesioni conseguenti, decedeva. Il comportamento imprudente della vittima, veniva valutato dai giudici di merito quale concausa, non interruttivo quindi, del nesso di causalità.
Il difensore dell’imputato, proponeva ricorso davanti alla Suprema Corte, sviluppando plurimi motivi di gravame – l’unico accolto era inerente la rimodulazione della pena irrogata- nei quali sostanzialmente sosteneva che nell’ipotesi specifica la presenza dietro il trattore di luci – torce elettriche agitate da due soggetti che coadiuvavano il conducente del trattore nella manovra di svolta- sufficientemente visibili era circostanza idonea ad interrompere il nesso di causalità tra la condotta del conducente il trattore e l’evento di tamponamento.
Non di tale avviso si è mostrata la Suprema corte che ha condiviso in pieno le congrue e logiche motivazioni dei giudici di merito i quali avevano ritenuto la sussistenza del concorso di colpa tra imputato (che ha violato l’art. 153 del d.lgs. n. 295 del 1992, che disciplina l’uso dei dispositivi di segnalazione visiva e di illuminazione dei veicoli a motore e dei rimorchi, ed inoltre le regole generali di prudenza, diligenza e perizia, percorrendo, di notte, al buio, una strada pubblica con un ingombrante mezzo privo di idonea illuminazione) e vittima (che ha concotto l’auto di notte e fuori città senza accendere i fari abbaglianti ed a forte velocità.
Aggiungendo peraltro che non aveva pregio, in tale contesto, appunto, di accertata concausalità, adeguatamente illustrata dai giudici di merito e non sufficientemente aggredita nel ricorso, il riferimento alla mancata perizia sulla capacità di illuminazione delle torce, indicata dai testi, il cui racconto comunque non risulta travisato, come tale da raggiungere una distanza di tre metri.
Cass. pen., sez. IV, ud. 11 dicembre 2024 (dep. 4 aprile 2025), n. 13140
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